COPPA ITALIA, QUARTI DI NOBILTÀ CON VISTA SUL CAMPIONATO
Il Napoli forse può salvare una stagione tragica. La Lazio ha un titolo sulla maglia da difendere. La Juve non può permettersi di uscire subito (come successo l’anno scorso) dopo aver già fallito la Supercoppa. La Roma non vince qualcosa dal 2008, con un corollario di quattro finali perse successivamente tra Coppa Italia e Supercoppa. L’Inter è messa meglio, ma di poco: l’ultimo trofeo, il Mondiale per club. risale al 2011. Il Milan ha bisogno disperato di rientrare in Europa. Il Torino vorrebbe accedere dalla porta principale e non dai preliminari che poi ad agosto ti offrono il Wolverhampton. E la Fiorentina, infine, deve dimostrare anche a se stessa d’aver voltato finalmente pagina.
Questa è una Coppa Italia vera, da coltello tra i denti. Una “final eight”, non un ripiego. Tutti hanno un motivo per andare fino in fondo. Quarti di nobiltà al via stasera con Napoli-Lazio: classifica alla mano, si salvi chi può.
Il potere logora chi non ce l’ha, diceva quel tizio, e la Coppa Italia è inutile soltanto per chi non la vince. Spiegatelo a Simone Inzaghi che l’ha sollevata l’anno scorso — preludio a un evento più fragoroso? — e a Gian
Piero Gasperini che, dopo la discutibile sconfitta in finale, è stato accolto a Bergamo come avesse conquistato un Mondiale. E raccontatelo anche alla Rai che fa ascolti sconosciuti alla tv generalista.
In realtà, la formula “dentro o fuori” in partita secca, introdotta nel 2008-09, ha spettacolarizzato un torneo che soffriva l’inevitabile tatticismo delle sfide di andata e ritorno, rimaste (purtroppo) in semifinale. Però le outsider sono più rare di un tempo, essendosi allargata la forbice tra grandi, medie e soprattutto piccole le cui squadre B — vedi la doppia Udinese tra Juve e Milan — non sono più proponibili a certe altitudini. Nel 2011 il Palermo di Pastore e Ilicic era arrivato in finale. Il Siena (2012) e addirittura l’Alessandria dalla Serie C (2016) s’erano fermate soltanto il semifinale. Per rendere tutto più avvincente sarebbe bello giocare a casa delle non teste di serie: non la garanzia assoluta di sorpresa, vedi Parma-Roma negli ottavi, ma la prospettiva di maggior equilibrio e, forse, di stadi più emozionanti.
Eppure l’anno scorso non c’è stato un quarto di finale che abbia rispettato le previsioni, oltretutto con effetti non prescindibili sul campionato. Il 7-1 della Fiorentina aveva dato un primo colpo letale alla panchina di Di Francesco. I due gol di Piatek — e che gol — al Napoli avevano illuso il Milan d’aver trovato un altro grande centravanti. Tra Lazio e Inter era stata sfida infinita, con il pari di Icardi al 125’ e i rigori con gli errori di Lautaro e Nainggolan.
L’Atalanta aveva dato alla Juve tre schiaffoni e una lezione di calcio a causa, anche, dell’infortunio di Chiellini la cui assenza sarebbe stata poi fatale in un altro quarto di finale obiettivamente più importante: quello di Champions contro l’Ajax.
Torniamo a oggi. Come accoglierà il Napoli il San Paolo? Nell’ora più drammatica della stagione, più prossimo alla B che alla Champions dove l’aspetta il proibitivo Barça di Messi, e domenica arriva la Juve. Non resta che la Coppa Italia? Solo che di fronte c’è la Lazio degli undici successi di fila più la Supercoppa: un altro k.o. potrebbe avere conseguenze d’ogni genere. Demme e Lobotka in campo assieme per la svolta, non è detto basti. Domani Juve-Roma: in campionato meglio i bianconeri, chissà che Fonseca non proponga quella difesa a tre da cui era stato tentato all’Olimpico. A proposito: si gioca allo Stadium, ma la Roma ha fatto 21 punti su 38 fuori casa.