Leao studia e impara Ora cerca una notte alla Ibrahimovic
Contro l’Inter il portoghese ha debuttato da titolare, al fianco di Zlatan vuole il gol
Il primo derby non si scorda mai, specialmente se proprio contro l’Inter è arrivato il debutto da titolare con la maglia del Milan. Il secondo, però, per Rafael Leao potrebbe diventare altrettanto memorabile, perché al suo fianco ci sarà il gigante Ibra, l’unico supereroe che i poteri non li tiene tutti per sé ma li elargisce a chi lo segue. E Rafa non ha di che preoccuparsi, visto che è il primo della schiera: le lezioni dal professor Z cominciano sul prato di Milanello e proseguono a tavola o in albergo prima delle partite, una full immersion per ibrahizzarsi il più possibile e passare al più presto dallo status di promessa a quello di campioncino.
Intesa
Il feeling è scattato subito, perché tra fuoriclasse e potenziali crack ci si riconosce al primo istante, e così da quando Ibrahimovic ha preso possesso dell’attacco rossonero Rafael non è più uscito dalla formazione tipo di Pioli. Anzi, la simbiosi è diventata totale: nelle tre partite che Zlatan ha giocato da titolare, il potoghesino gli ha sempre fatto da partner; quando Ibra ha riposato, Rafa ha fatto lo stesso. La selezione naturale scatenata dallo svedese ha spedito Piatek in Bundesliga e liberato altro campo a Leao, che contro il Verona si è mosso da centravanti al posto di Ibra ma senza brillare: idee, strappi e movimenti perdono di efficacia quando manca il riferimento col 21 sulle spalle. L’affiancamento finora ha arricchito il bottino dell’ex Lilla di un solo gol – a Cagliari, prima gara giocata in coppia dal 1’ preceduta dalla chiacchierata in cui Ibra gli aveva spiegato cosa fare in campo – ma l’effetto Z produce benefici ben oltre i tabellini: con il “fratellone” accanto, Leao diventa un attaccante funzionale al 4-4-2 rossonero e guadagna in imprevedibilità. Perché Zlatan fa anche questo, apre spazi per chi gli gira attorno con intelligenza.
A lezione
Funzionava così anche dieci anni fa, quando i compagni di attacco si chiamavano Robinho, Pato, Cassano. L’Ibrahimovic di allora era più accentratore e inevitabilmente più fresco nei movimenti, ma le regole di ingaggio erano le stesse di oggi: solo chi parlava la sua lingua poteva danzare in coppia con lui. Per caratteristiche tecniche e struttura fisica Leao si colloca tra Pato e Robinho, mentre la carta di identità lo avvicina ovviamente all’ex bambino prodigio dell’Internacional. Come lui, anche Pato – ai tempi 21enne – era finito sotto l’ala del campione di Malmoe, ma non sempre riusciva a sfruttarne gli insegnamenti: la stagione dello scudetto fu scandita dai gol di entrambi ma anche da sfuriate e rimproveri in mondovisione. Oggi c’è posto soprattutto per abbracci e pacche di incoraggiamento, perché sul talento di Rafael hanno scommesso in due: il Milan, che in estate ha investito più di 30 milioni per portarlo in Serie A, e lo stesso Ibra, che nelle qualità del 20enne portoghese crede quasi ciecamente e per questo non smette di sostenerlo. «Ibra mi dice come stare in area e cosa fare per migliorarmi, da lui voglio imparare il più possibile». Per esempio come lasciare il segno in un derby.
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