LA CURA GATTUSO E IL CAOS BARÇA NAPOLI, IN CHAMPIONS TE LA GIOCHI
Il sorteggio per gli ottavi di Champions del 16 dicembre arrivò due giorni dopo lo sfortunato debutto di Rino Gattuso sulla panchina del Napoli, la sconfitta casalinga col Parma maturata al 93’. La pallina estratta fu quella di un Barcellona apparentemente in ottima salute; primo in Liga, facilmente qualificato in Champions malgrado un girone non banale (oltre al Borussia Dortmund c’era l’Inter) e reduce da una vittoria a San Siro firmata dai ragazzini. In casi del genere i commenti a un sorteggio sono un po’ ipocriti: si dice che l’urna non è stata certo benevola, ma che le partite vanno giocate, si sottintende che la squadra più debole non ce la farà mai, e va da sé che quel giorno abbiamo tutti pensato che il Napoli non avesse chance. Nei cinquanta giorni passati da quel 16 dicembre, però, il panorama è cambiato su entrambi i fronti in modo importante, tanto che al fixing odierno il confronto sembra apertissimo. In realtà manca ancora tanto alle due partite: venti giorni all’andata e quaranta al ritorno, lo scenario fa ancora in tempo a cambiare. Ma in quale direzione? Le rispettive dinamiche autorizzano a pensare in quella ulteriormente favorevole al Napoli. La terza vittoria consecutiva, quella a casa Samp, ha detto che Gattuso ha trovato una nuova linea di galleggiamento. Non quella del primo Ancelotti e nemmeno quella dell’ultimo Sarri. Una linea sua, ampiamente migliorabile - a Marassi il Napoli andava subito alla caccia del pallone perduto in fase offensiva, ma il pressing poco coordinato consentiva alla Samp ripartenze vertiginose - eppure già percorsa da un’elettricità ad alto voltaggio. Svanito il risultato guadagnato nella prima mezz’ora, il Napoli è tornato in cattedra con la sicurezza un po’ infastidita di chi è consapevole della propria superiorità, e nel giro di pochi minuti ha rivinto, stavolta definitivamente, una gara che pareva buttata. Nel corso dell’educazione partenopea di Gattuso il quarto posto - unico obiettivo serio, per i bilanci di un club grande l’Europa League è un palliativo - s’era allontanato fino a 14 punti. Un certificato di impossibilità. Nel giro di due turni è sceso a 9. Okay, le squadre lassù sono due - Roma e Atalanta - e in mezzo c’è un gruppetto che contiene almeno un attore altrettanto ambizioso, il Milan. Però il vento si è visibilmente spostato, anche grazie a un mercato di gennaio che ha disegnato in modo chiaro il futuro dando al passato una chance estrema: non se n’è andato via nessuno, e i quattro mesi che restano prima del prevedibile repulisti possono essere impiegati per far cambiare idea a De Laurentiis, o comunque per recuperare il valore di mercato stinto dall’autunno. Quel che sta succedendo a Barcellona, invece, è sbalorditivo non solo per la possibilità personalmente sono ancora incredulo - che Messi a fine stagione se ne vada. Colpisce prima la presenza nei panni dell’apparente “cattivo” di Eric Abidal, un uomo legato al vecchio Barça da un impasto di carne e sangue, il terzino salvatosi grazie a un trapianto e gratificato dai compagni col privilegio di ricevere e alzare al cielo la Champions di Wembley. Un legame che mal si concilia con gli attacchi a Xavi e la polemica con Messi. Molte cose sono cambiate al Barcellona, dell’era Guardiola non è rimasto praticamente nulla, se non Leo e un paio di scudieri come Piqué e Busquets, poca cosa rispetto allo squadrone che a volte - forte del suo gioco - schierava undici uomini provenienti dal vivaio. Se c’è un momento nel quale il Barça è stato debole, è questo. E dunque sì, il Napoli può giocarsela.