La Gazzetta dello Sport

Il mondo alla rovescia che parla di “rispetto”

- Di Franco Arturi farturi@rcs.it portofranc­o@rcs.it

Mi chiamo Riccardo, ho 26 anni e sono un tifoso dell’Inter. Il 2 febbraio scorso sono andato a Udine per seguire la mia squadra. La mia prima trasferta. Emozionant­e. La serata è andata alla grande per noi nerazzurri e alla fine, felici in volto, siamo usciti dallo stadio misti a quelli dell’Udinese, in un clima comunque rilassato, uomini, donne, bambini, anziani, famiglie intere, due fedi diverse. Tutto bello fino a quando io e l’amico che era con me abbiamo imboccato una via per tornare alla macchina. Al collo avevo ancora la mia sciarpa nerazzurra e quella è stata la mia colpa. Uno degli ultrà che era lì appostato, infatti, mi ha subito intimato di togliermel­a, e in un attimo me l’ha afferrata. D’istinto ho reagito tenendola stretta con lui che continuava a parlare di “rispetto”. Non bastando, se ne sono avvicinati altri due e subito dopo sono diventati 6, mi hanno circondato sotto gli occhi di altri 50 ultrà, hanno iniziato a insultarmi, a provocarmi, a urlarmi in faccia che non avevo il diritto di indossare la mia sciarpa davanti a loro. Sono riuscito a riprenderl­a e l’ho messa dentro al giubbotto, mentre mi urlavano: «Dai! Vieni! Andiamo nel vicolo!». E chissà per farmi cosa. Avevo un banale berretto, non dell’Inter che, per semplice dispetto, mi è stato sfilato dalla testa e buttato via.

Non potevo chiedere aiuto, il mio amico non sapeva se andare a chiamare i Carabinier­i a 500 metri di distanza e lasciarmi da solo o aspettare per difendermi. Tutt’intorno solo ultrà con i volti sorridenti, soddisfatt­i di quanto stavano facendo i “colleghi”. Non ho reagito alle provocazio­ni, non ho sferrato alcun colpo che potesse accendere la miccia nelle loro teste, sono riuscito a liberarmi, mentre il primo aggressore mi ha sferrato un calcio da dietro, accompagna­to da un sonoro «vattene via cog **** e!!».

Ecco, andandomen­e ho incrociato lo sguardo di un bambino di circa 6 o 7 anni che, con il padre, si era fermato ad assistere a quello spettacolo. Ho visto la paura nei suoi occhi, tanta paura. Per fortuna, per capacità di non cadere in quelle provocazio­ni, nessuno si è fatto male. Probabilme­nte queste sono cose all’ordine del giorno nel mondo del calcio, inutili da raccontare: non fanno notizia. Ma per me è stata la prima volta e mi piacerebbe dar voce anche a chi subisce aggression­i ben peggiori ed è poi travolto dal terrore.

Riccardo Barbero

Spero che la sua testimonia­nza, sull’ordinaria inciviltà che affligge il nostro calcio, sia letta soprattutt­o dal neo presidente di Lega Dal Pino. Perché capisca davvero da dove partire per restituire al nostro campionato il ruolo di “più bello e visto del mondo”, lo slogan del suo programma. E come viene usato il concetto di “rispetto” in questo mondo alla rovescia.

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Festa L’esultanza dei giocatori dell’Inter alla fine della partita di Udine

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