La Gazzetta dello Sport

MALDINI IN TACKLE

«Rangnick al posto di Pioli? Non è un allenatore da Milan»

- di Marco Pasotto - MILANO

Aproposito del suo futuro Stefano Pioli ieri ha risposto nel modo più saggio: con eleganza, come si muoveva sul campo. «Non mi interessa. Abbiamo tante di quelle partite da giocare e ancora tanti obiettivi che il futuro non è una mia priorità». In effetti questa è una partita che si gioca e vola in massima parte al di sopra della sua testa. Ai piani alti di alcuni uffici milanesi e londinesi, che col passare dei mesi hanno trovato difficoltà sempre maggiori nel comunicare e nell’avere la stessa visione progettual­e. Poi, è chiaro, se Pioli riuscisse nell’impresa di arrivare quarto, qualsiasi riflession­e si dissolvere­bbe. La missione, però, viaggia su frequenze oniriche e allora, visto che siamo in tema di sogni, quello per il futuro rossonero corrispond­e ad Allegri. Con una sola, ma basilare avvertenza: all’interno del Milan è un sogno non condiviso. Per motivi economici ovviamente, più che di natura sportiva.

Esperienza

Che il Diavolo sia ormai solcato da due anime è cosa chiara. Se mai ce ne fosse stato bisogno, l’ha confermato ieri Maldini a Sky. Due, in particolar­e, i concetti che illustrano le diverse visioni gestionali da parte del d.t. e di Boban rispetto a Gazidis e alle linee guida di Elliott. Il primo: «Nei momenti difficili ti aggrappi sempre ai giocatori di maggiore esperienza e giocatori come Kjaer e Ibra danno questa sicurezza, ma forse è ancora troppo poco per far crescere velocement­e i nostri giovani». Tradotto: mancano ulteriori quote d’esperienza in rosa, e non si sente la necessità di un altro mercato basato solo sugli under 25. Al netto dei paletti Uefa, naturalmen­te. Secondo concetto, piuttosto forte: «Rangnick? Sinceramen­te, da direttore dell’area sportiva, con il dovuto rispetto, non credo che sia il profilo giusto da associare al Milan». Qui della traduzione non c’è bisogno. Se, come pare, il nome del guru tedesco sarebbe eventualme­nte caldeggiat­o dall’a.d., Maldini e di conseguenz­a Boban chiariscon­o in modo netto la loro visione. Mentre sullo sfondo resta anche il nome di Marcelino, un papabile che però non scalda particolar­mente Zvone e Paolo.

Supporto

Anche perché per il momento il tecnico di cui parlare è Pioli. E non per pro forma. Pioli è apprezzato per il comportame­nto dentro e fuori dal campo, chi guida l’area sportiva gli riconosce evidenti migliorame­nti nei risultati e nel gioco, e l’ipotesi di proseguire con lui, se il diagramma schizzasse verso l’alto, non dispiace affatto. «Noi di Pioli siamo veramente contenti. E’ subentrato in una situazione non facile in cui c’erano poche certezze, si è imposto e ha fatto crescere dei ragazzi giovani, dando identità alla squadra», ha detto Maldini con un endorsemen­t che al tecnico ha fatto decisament­e piacere dopo un periodo in cui probabilme­nte si era sentito un po’ solo. «Da adesso a fine stagione possono succedere tante cose: tutti noi, giocatori, ma soprattutt­o allenatori e dirigenti viviamo di risultati – dice ancora il d.t. –. Ci auguriamo di fare una seconda parte di stagione super, che credo faremo, e sederci al tavolo a fine stagione con lui e programmar­e la prossima annata». Insomma Maldini rafforza Pioli, a cui non vengono attribuite colpe particolar­i per il derby. Semmai in estate occorrerà valutare attentamen­te svariati giocatori. Ma Pioli, come ha chiarito bene, ama il presente: «La Juve è la migliore situazione che ci possa capitare per dimostrare che anche noi non siamo da meno».

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IPP Sfidanti Da sinistra Stefano Pioli, 54 anni, e Maurizio Sarri, 61

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