La Gazzetta dello Sport

Il metodo Gotti (l’ex vice) «Io guardo e imparo»

«IL MIO METODO? METTO INSIEME IL MEGLIO CHE VEDO FARE AGLI ALTRI» Il tecnico dell’Udinese è stato vice di Sarri e Donadoni: «Impari a stare zitto e lavorare sui singoli». La passione per Kanté e la moto

- Di Francesco Velluzzi - INVIATO A UDINE

Eclettismo. È la prima parola che ci colpisce in una lunga chiacchier­ata con Luca Gotti che si svolge tra la sede dell’Udinese dove il tecnico passa 10 ore al giorno e i locali dell’amico Giorgio, dove il tecnico arriva in Ducati, in cui esce dal calcio per mischiarsi alla gente comune e sorseggiar­e un calice di champagne, il vino a cui è arrivato, senza snobismo, col gusto e il corso di sommelier. Fanno la fila per salutarlo. Lo ammirano. Perché, secondo i friulani, esigenti, l’Udinese non giocava così bene dai tempi di Francesco Guidolin. E lui, Gotti, ribatte: «Non ho fatto nulla. Prima dobbiamo fare i punti che servono». Ma lui ha già fatto tanto: ha la stima dei Pozzo, la fiducia dei calciatori, il sostegno della gente.

3Gotti, perché i calciatori la adorano?

«Premesso che è una cosa che non do per scontata, ammettiamo che ci sia un fondo di verità: mi sono messo a disposizio­ne per aiutare la squadra per il bene comune, superiore a tutto».

3Esiste un metodo Gotti? «Siamo figli dell’eclettismo. In architettu­ra è la corrente che definisce lo stile nato dalla mescolanza dei migliori stili. Lo applichiam­o al calcio cercando di mettere insieme le cose migliori viste fare ad altri. Io in base alla caratteris­tiche dei giocatori a disposizio­ne cerco il miglior guanto possibile». 3 In che lingua parla con loro? «Qui si parla una sorta di esperanto, viste le tante nazionalit­à. In italiano e inglese. Al Chelsea, Sarri parlò subito inglese, studiava tre ore al giorno».

3Cosa vogliono i calciatori di oggi?

«Vado contro la banalità di chi li vuole ricchi e abituati al meglio e basta. È cambiato tutto. Oggi per un allenament­o di 7590 minuti trascorron­o sei ore allo stadio. Noi abbiamo aggiunto che due pasti, colazione e pranzo, li facciamo insieme. Hanno una maturità superiore, ti chiedono video e supporti. Lavorano per conto proprio, stanno attenti alla nutrizione. In questo Udine è all’avanguardi­a».

3Lei è stato vice di Donadoni per otto anni e di Sarri lo scorso anno al Chelsea: cosa ha preso da loro?

«Roberto è pacato, educato, ma non senza personalit­à. Dà grande sicurezza ai giocatori, è stato un campione. E vuole sempre osare. Maurizio ha un’idea precisa del calcio e di quel che vuole».

3Stupito dalle sue difficoltà alla Juve?

«Premesso che sta andando bene su tre fronti, è impossibil­e riproporre la modalità Napoli alla Juve».

3Cosa ha imparato da vice? «A stare zitto, ad ascoltare tanto, a parlare il meno possibile, a compensare certe caratteris­tiche del primo, a intervenir­e sui singoli».

3La sua tesi a Coverciano. «Un confronto sui 5 tornei top in Europa in relazione ai giovani e al loro utilizzo. Allenavo l’Under 17 azzurra».

3Da vice lavorava tanto sulle palle inattive.

«Vado bene su quelle subite. Marco a zona, l’uomo sul palo non è più un dogma, bisogna stare attenti alla zona cruciale. Su quelle offensive, visto che segniamo poco, dovrò migliorare».

3Perché segnate poco? «Manca la finalizzaz­ione. Siamo migliorati nella produzione offensiva, dobbiamo avere la forza di continuare».

3Lei ha due lauree, Scienze Motorie e Pedagogia: quanto le sono servite da allenatore? «La cultura non va esibita, ma dà maggior apertura mentale. Ho fatto pedagogia perché mi mancava il latino. Dopo ho fatto due master in management e in didattica, questa è stata la cosa più utile. Ho insegnato calcio, all’Università a Padova e Milano, per 10 anni».

3Tra le sue particolar­ità c’è l’amore per la moto. Un’idea di libertà?

«È il viaggio. Sono un ducatista convinto. Quando sono arrivato al Chelsea, dopo tre giorni la mia moto era a Londra. Faccio un viaggio all’anno con mio figlio di 12 anni. Dopo aver vinto l’Europa League, sono tornato da Londra in moto. Fermandomi a Reims, la casa dello champagne. Che ho imparato ad apprezzare. Prima amavo i rossi della Valpolicel­la».

3 Crede che mischiarsi in mezzo alla gente al ristorante toscano la faccia amare di più?

«Non credo. Ma a Udine è un valore. Non cucino. Amo andare da solo. Magari la gente può apprezzare la persona».

3I Pozzo l’hanno voluta a tutti i costi, dopo Tudor.

«Mi confronto tanto con Gianpaolo e Gino che sta a

Londra. Amano l’Udinese, mi creda. Il papà controlla ogni giorno i report fisici dei calciatori e segue l’allenament­o. Si approccia alla partita ancora con emozione».

3Lei non è social, ha solo un profilo facebook, ma il mondo è in mano a questi strumenti. L’ideologia è sparita. «TikTok un po’ mi spaventa. Sono cresciuto nelle case popolari a Contarina: papà operaio, mamma casalinga. Poi ho costruito una famiglia sportiva. Compagna pallavolis­ta, mia figlia fa nuoto sincronizz­ato, il maschio calcio. Nel 2015 è uscito il libro “La Mediocrazi­a” di Alain Deneault. Dice che stiamo creando una società mediocrati­ca».

3 Torniamo al calcio. L’idea del 4-3-3 la stuzzica? «Tanto. Ma è un discorso da cominciare».

3De Paul è da big?

«Sì. Esprime se stesso in modo più compiuto e ha valori fisici di alto livello».

3 Cosa ammira del Verona che sfida domenica? «L’adesione totale a un’idea comune».

3 Se avesse dei soldi quale giocatore prenderebb­e? «Kantè, del Chelsea. Mette tutto al servizio degli altri. Non è solo un giocatore».

3 Gotti, che farà l’anno prossimo?

«Non lo so. Bisogna vedere le opportunit­à. Prima di Udine, ho avuto cinque chances, una all’estero, bella. Ci sono 15 partite. La certezza? Amo troppo andare dentro il campo. E con l’Università ho già dato».

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(Foto: Luca Gotti, 52 anni)
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ANSA Luca Gotti 52 anni, allenatore dell’Udinese: ha preso il posto di Igor Tudor, esonerato dopo uno 0-4 con la Roma. Inizialmen­te l’incarico doveva essere ad interim, poi a suon di risultati è stato confermato in panchina
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