SARRI, LA SIGNORA DOV’È?
Diciottesimo gol in 14 partite. Ronaldo si è procurato il rigore con una rovesciata delle sue e lo ha realizzato in modo gelido, riacciuffando il Milan allo scadere.
Diciottesimo gol in 14 partite. Si è procurato il rigore con una rovesciata delle sue e lo ha realizzato in modo gelido, riacciuffando il Milan allo scadere. Sentenza a meno di una settimana dalla Champions: Cristiano Ronaldo c’è, la Juve no. Giusto preoccuparsi. A parte il gol a giochi fatti di De Ligt contro la Fiorentina, nel girone di ritorno ha segnato solo CR7. Come nella stagione scorsa. Nei quarti di ritorno con l’Atletico Madrid e nei due con l’Ajax; 5 gol fatti, tutti del portoghese. Sarri è stato precettato anche per questo, per dare cioè alla Juve un gioco di squadra, coraggioso e intenso, che portasse in area più giocatori e slegasse la dipendenza dalle individualità. La partita di ieri ha certificato ancora una volta che quel gioco non c’è ancora. Solita difficoltà in costruzione, solito contributo striminzito dei centrocampisti, nessun accenno di pressing alto e di intensità di manovra, che dovrebbero essere il vangelo di Sarri. Intensità, pressing e gioco li ha mostrati il Milan, che ha creato e tirato di più e avrebbe meritato la vittoria. Un anno dopo, niente di nuovo. Anzi, c’è molto d’antico, perché la Signora è stata salvata da un ottimo Buffon; l’ha sfangata con Cristiano e ha espresso il meglio con le iniziative individuali di Dybala. Di sicuro, la dirigenza bianconera non si aspettava di arrivare a ridosso della Champions in questa precaria condizione tattica, senza un’identità riconoscibile. Impossibile oggi prevedere la formazione di Lione, sette mesi di lavoro avrebbero dovuto generare molte più certezze. Preoccupa anche la mancanza di attenzione (vedi De Sciglio sul gol) e di ferocia. Subìto il gol, la Juve non si è infuriata, ma ha concesso a un Milan in dieci di palleggiare e tener palla. Sembrava quasi rassegnata alla sconfitta, anche se veniva da due scivoloni nelle ultime due trasferte di campionato. Mai vista una Juve che si abitua a perdere. La speranza del mondo Juve è che la musichetta di Champions svegli il serpente bianconero nella cesta e lo faccia scattar fuori con tutto il suo veleno e tutti i suoi valori. Il Milan ha ripetuto l’ottimo primo tempo del derby e questa volta ci ha aggiunto il secondo. Se la Juve non è andata oltre CR7, il Milan è stato molto più di Ibra, apparso stanco. Questa è la notizia più confortante per
Pioli. Forte di una condizione atletica ritrovata, il Milan oggi segue una idea di gioco chiara e costruisce con una nuova facilità. Castillejo, Theo e Rebic allargano il campo; Kessie, in crescita, Bennacer e Calha lo riempiono con ordine. Prendendo fiducia, questo Diavolo può scalare in fretta il campionato. Certo, una vittoria sui Campioni e, magari, una finale di Coppa Italia avrebbero portato in casa palate di autostima, di cui il Milan convalescente ha bisogno come il pane, ma il discusso rigore, preceduto forse da un fallo su Ibra, e i cartellini di Valeri rendono più che ardua l’impresa allo Stadium. Theo Hernandez, Castillejo e Ibra, di fatto il meglio del Milan, saranno squalificati e non ci saranno a Torino. Milan molto arrabbiato, per questo e altro. Può consolarsi con l’ottima prestazione che apre nuove prospettive. È il paradosso di questa Coppa Italia. Milan e Napoli sono le squadre che escono meglio dall’andata dei quarti. Inter e Juve, le capolista, pur con risultati diversi, hanno portato a casa delle preoccupazioni. Tra InterJuve e Milan-Napoli, in campionato, c’è un baratro complessivo di 46 punti. La Coppa Italia li ha cancellati.