Capello fa saltare la panca «Ora in Serie A va di moda il Guardiola di 10 anni fa»
Don Fabio attacca la tendenza dei tecnici italiani: «Pep non fa più il tiqui-taka, ora gioca in verticale...»
ASan Mames non sono mai stati dei fan del tiqui-taka, no. I parrocchiani dell’Athletic hanno sempre preferito un gioco d’assalto, fatto di passione, lotta e corsa. Ispirato dall’aria che si respira nella maestosa “Catedral” di Bilbao, Fabio Capello ieri ha vivisezionato in un ottimo spagnolo alcune idee di calcio, e come di consueto ha lasciato sul prato in maniera chiara le sue idee e con esse alcune vittime.
10 anni indietro
Il Barcellona attuale, per esempio, criticato sotto lo sguardo attento di Ernesto Valverde, fino a un mese in panchina al Camp Nou. O la nuova scuola di pensiero del calcio italiano, contro la quale Capello rivela alla platea spagnola di condurre una lotta donchisciottesca: «Non mi ascoltano». Si parla di Pep Guardiola e di come con la sua proposta abbia modificato il modo di percepire il calcio in Europa. «Ora in Italia ci sono squadre che cercano di giocare come Guardiola – è il commento di Don Fabio – però Guardiola è già dieci anni avanti: ha cambiato completamente il suo modo di giocare, non fa più il tiqui-taka. Se oggi guardi il Manchester City, gioca in verticale. Quando c’è bisogno di tener palla lo fa, però se ti fissi sui movimenti che fanno i giocatori, il gioco è strutturato in maniera tale che la squadra cerca sempre di entrare nell’area avversaria. In Italia provano oggi a giocare come faceva Guardiola dieci anni fa. Sto facendo una lotta incredibile contro questa tendenza, però non mi capiscono. Vabbé, non fa niente».
Barça, pollice verso
E allora visto che si parla di tiqui-taka gli chiedono del Barcellona attuale: «Non mi piace – è la risposta convinta –. Perché tocca, tocca, tocca, è li che fa la U col pallone attorno all’area avversaria e aspetta solo che il Genio (Messi, ndr) tiri fuori qualcosa dal suo cilindro e risolva la partita. Il Barça prima mi piaceva, ora no. Oggi si parla tanto di possesso palla e io dico:
“Benissimo, ma in che zona del campo hanno gestito il pallone?”. Perché il possesso sia efficace dev’essere vicino all’area avversaria, se è nella propria metà campo non serve a niente. E lo stesso vale per il numero dei passaggi: si citano statistiche con magnificenza, ma se l’80% dei tuoi passaggi sono laterali o all’indietro sono assolutamente inutili».
Ed ecco un amarcord che serve da ponte per arrivare ai giorni nostri: «Uno stile ti può portare alla vittoria, la filosofia di gioco invece da sola non vince nulla anche se la gente ama riempirsi la bocca con termini come spettacolo e tiqui-taka. Quando io venni al Real Madrid per la prima volta, nel 1996, avevo due eccezionali lanciatori, Hierro e Roberto Carlos: perché avrei dovuto fare dieci passaggi per portare la palla dove potevo arrivare con un solo colpo? Il Liverpool di Klopp con Van Dijk può far arrivare la palla a Salah in maniera diretta. E giustamente usa quest’arma. Se hai la possibilità di lanciare, perché non sfruttarla?». Ci sono diverse altre cose che non piacciono a Capello: «I dati mi uccidono.
Servono solo per noi opinionisti, categoria alla quale appartengo: diciamo la nostra e poi andiamo a dormire tranquilli, senza preoccupazioni. 4-3-3, 44-2, 4-5-1, macché: il calcio è un’altra cosa. La differenza la fanno i giocatori e la può fare l’allenatore, la sua capacità di leggere una partita, d’intervenire, di cambiare, di reagire, di essere furbo e intuitivo. Altro che dati. Io volevo vedere tutto con i miei occhi: i video limitano e non mi hanno mai appassionato, gli avversari vanno studiati dal vivo, così si comprendono qualità e difetti». E visto che Lautaro Martinez è nel mirino di Barcellona e Real Madrid, gli hanno chiesto un parare sul centravanti dell’Inter: «Ha una qualità impressionante. La velocità di esecuzione, la rapidità tra il controllo e il tiro, è velocissimo di gambe. E poi colpisce bene di testa, si muove bene, corre tanto. Sì, è come Lui Suarez, ha il suo stesso stile. Corre più o meno come lui, ha tanta tanta qualità». In prima fila Lionel Scaloni, c.t. dell’Argentina, annuiva felice.
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