Wuhan aprì nello sport i rapporti Italia-Cina
Wuhan, oggi il nome della paura. Il virus maledetto scatena angosce sopite da secoli. Per alleggerire la tensione, riporto alla memoria un ricordo in cui quella città vide un momento festoso: l’avvio dei rapporti sportivi fra Italia e Cina. Correva l’anno 1983 e quell’immenso Paese stava conoscendo l’alba dei cambiamenti, soprattutto economici, che l’avrebbero portato al colossale ruolo di primato rivestito oggi. Come spesso, lo sport (ricordate la diplomazia del ping pong con gli americani?) fu usato come rompighiaccio nell’apertura al mondo occidentale.
La Cina sarebbe tornata solo l’anno dopo alle Olimpiadi, da cui mancava dal ‘52 e nel frattempo cercava occasioni di scambi sportivi. L’Italia fu coinvolta in una disciplina insospettabile per un Paese allora sinonimo di arretratezza: la motonautica. E così, nell’agosto di quell’anno, una delegazione di piloti delle classi “AO” e “OB”, con tanto di motori fuoribordo 250 al seguito, insieme a qualche dirigente e accompagnatore, fu invitata per gare dimostrative sui laghetti di Wuhan, appunto. C’era pure un cronista con loro: io. Insieme vedemmo scorci di Cina oggi del tutto scomparsi. A quelle gare partecipavano piloti provenienti da tutto l’enorme Paese. Una ragazza mi confidò sorridendo che aveva impiegato 5 giorni di viaggio per raggiungere Wuhan, fra treni, battelli, pullman e altri mezzi di trasporto. E scoprimmo con stupore che quasi metà dei piloti erano donne, perfettamente in grado di trasformarsi in meccanici sui loro motori.
Nessuno di noi aveva mai sentito parlare di quella città prima di arrivarvi, ma ci dissero che aveva 4 milioni di abitanti (oggi sono 6,5) e produceva quasi tutto l’acciaio necessario alla Cina. Un secolo prima era stato un avamposto per i mercanti occidentali all’epoca delle Legazioni. Ma da allora se ne vedevano talmente pochi che ho assistito ad almeno un paio di incidenti fra ciclisti (auto private inesistenti) che si distraevano nel vedere la capigliatura riccia e bionda di una componente del nostro gruppo: sembianze da aliena per loro. Per le strade del centro si svolgeva una vita serena, ma povera quanto quella nei sassi di Matera 150 anni fa. Nei «bassi» entravo chiedendo a gesti il permesso: un solo ambiente dove si svolgeva la vita di una famiglia intera. Nei mercati di strada, vedevo in vendita rettili e grosse tartarughe e una miriade di altri animali vivi. Barbieri e artigiani di ogni tipo lavoravano in strada. Per noi solo tanta curiosità e sorrisi amichevoli. Per pagare qualche piccola spesa, offrivamo nelle mani a coppa un mucchietto di banconote e monete di cui era impossibile capire il valore: il commerciante di turno con due dita estraeva delicatamente solo il biglietto necessario. La gente gentile e dignitosa di Wuhan non l’ho mai scordata, e oggi mi sento con lei.