La Gazzetta dello Sport

Sull’Everest d’inverno Così nacquero gli Ice Warriors

Di Reinhold Messner

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Lunedì saranno passati 40 anni da una delle più grandi imprese himalaiane. Il 17 febbraio 1980 Leszek Cichy e Krzysztof Wielicki raggiunser­o la vetta dell’Everest realizzand­o la prima salita invernale di uno dei 14 Ottomila: il più alto. Nell’arco di 8 anni i polacchi ne avrebbero saliti altri 6, sempre per primi. Quello sull’Everest fu un capolavoro. Un grande successo di squadra. La spedizione era composta da 20 alpinisti e 5 sherpa. La guidava colui che è stato senza dubbio il padre della specializz­azione invernale dei polacchi, Andrzej Zawada. Lui stesso arrivò fino a Colle Sud. Ma il suo grande merito è stato quello di riuscire a organizzar­e le spedizioni anche in quegli anni pionierist­ici e in cui, oltretutto, in Polonia erano vuoti pure i negozi. Ma gli alpinisti di quel Paese erano abituati ai sacrifici. Si erano allenati a sopportare il grande freddo sui Tatra. Nel 1973 avevano salito un Settemila, il Noshaq, e poi sul Lhotse erano andati oltre gli 8000 metri. Dopo l’Everest, sempre rischiando molto, divennero gli “Ice Warrios”. Il più forte e noto di loro è stato Jerzy Kukuczka, ma Wielicki al successo dell’Everest ha fatto seguire una carriera altrettant­o impression­ante. Lui e Cichy erano giovani e osarono dove i compagni avevano rinunciato. Per fortuna il governo nepalese aveva concesso una proroga di due giorni al permesso di scalata: allora quelli invernali erano validi solo fino al 15 febbraio.

Io in quei mesi mi ero visto rifiutare dal Nepal il permesso per il tentativo di salita solitaria che pochi mesi dopo sarei riuscito a fare dal versante tibetano. Non ero in concorrenz­a con i polacchi, ma con un fortissimo giapponese, Naomi Uemura. Anche lui voleva tentare la solitaria. E voleva farla d’inverno.

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