La Gazzetta dello Sport

«Io, Arturito e la Dea in una... Casa di Carta»

- di Filippo Conticello

Dall’altro lato del mondo oggi c’è una tv accesa su San Siro: Enrique non si perde il Valencia neanche se arrivano i banditi in tuta rossa e maschera di Dalì. Enrique Arce, attore valenciano e

valenciani­sta, trova sempre qualcuno che gli urla “Arturito!”. Interpreta Arturo Román, direttore della Zecca di Carta, Madrid ne La Casa di

serie ormai di culto: «Si girerà la stagione 5, ma ora penso solo all’Atalanta».

3Arce, l’ha studiata?

«Prima sapevo solo che era di Bergamo, ora non ho potuto approfondi­re e capire come facciano a giocare così bene. Hanno meno storia europea di noi, ma sarà comunque dura. Per fortuna il ritorno è al Mestalla e spero di esserci».

3E l’andata dove la vede?

«A Los Angeles, dove vivo. Cerco sempre un bar e, se non lo trovo, mi rassegno al pc. Qui c’è una Penya

valenciani­sta che mi prende pure all’aeroporto. L’anno scorso per la semifinale di Copa del Rey ero a Bangkok e ho messo la sveglia alle 4 per vederla: peccato che alle 7 dovevo stare sul set... Sono molto vicino a tutto il club: ho pure presentato la festa del centenario, che orgoglio». 3E il rapporto con l’Italia? «Un tempo vivevo a Londra con italiani e parlavamo solo di calcio. Poi per anni andavo a Formentera: lì non siamo mica in Spagna… Ricordo un amico di Bergamo, Pietro: aveva un accento strano e sarà felice oggi. E poi Italia significa Carboni, uno dei 5 più amati dal Mestalla. Ora c’è Florenzi: ho partecipat­o al video virale della sua presentazi­one. È simpatico, ma di Amedeo ce n’è uno»

3Come nasce la sua passione?

«A sette anni mio padre cambiò canale alla tv e c’erano i rigori della finale di Coppa delle Coppe vinta con l’Arsenal: una folgorazio­ne! Mario Kempes sbagliò un rigore, ma è diventato un idolo per la vita. Il giorno della mia prima comunione mi fece un autografo che conservo. L’anno scorso con due amici sono andato in auto a Siviglia per la finale di Copa del Rey: indimentic­abile aver sconfitto Messi».

3Ma San Siro ricorda altro...

«Finale di Champions 2001: c’ero. Anche in quella del 2000 a Parigi. Le altre tifoserie erano ammirate da noi. Il Valencia è speciale per l’idiosincra­sia della sua gente, che ama troppo e troppo esige. Quella squadra con

Mendieta e Ayala era unica, questa lo è un po’ meno. Se poi andiamo avanti, datemi tutto tranne una spagnola».

3E se passa l’Atalanta?

«Un dolore, ma minore di un’eliminazio­ne subita da Real o Barça, magari con aiuti arbitrali. Questa Atalanta è umile e coraggiosa, ricorda gli eroi de La Casa di Carta perché lotta contro il potere, quello delle big. Fossero rossi e non nerazzurri, sarebbero uguali! Spero che stavolta, però, non riesca l’impresa».

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Valenciano doc Enrique Arce, 47 anni, attore de La Casa di Carta

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