Cholismo al potere Segna subito Saul poi è muro Atletico Il Liverpool va k.o.
I campioni d’Europa costretti alla rimonta nella gara di ritorno ad Anfield
Da quanto aspettavano una notte così al Metropolitano. Una notte di passione, di sudore, di lotta. Una notte di felicità, anche. Una notte cholista: assalto, arrembaggio, agguato. Gol. E poi tutti insieme a difendere il villaggio attaccato dai Reds. Ma senza nemmeno soffrire troppo eh? Perché la squadra che ha fatto 103 degli ultimi 105 punti disponibili in Premier League abbandona lo stadio dove il primo giugno ha vinto la sua sesta Champions senza mai beccare la porta di Oblak. Sei tiri, tutti fuori, due situazioni pericolose. Terza partita senza gol nelle 43 uscite stagionali e terza sconfitta, dopo Napoli e quella che non vale con l’Aston Villa, arrivata giocando con i ragazzini della cantera. L’Atletico ha
Per il gol, che vale la partita e porta fino ad Anfield la speranza di qualcosa d’impensabile vinto 1-0, per anni il suo risultato talismano che quest’anno troppe volte non era stato difeso minando i pilastri del “cholismo”, la resistenza, l’impermeabilità, la solidità. Ad Anfield l’Atletico avrà bisogno di un’altra notte magica: negli ultimi due anni il Liverpool di Klopp non è mai stato eliminato.
Sorpresa Lemar
Simeone aveva diverse scelte da fare. Ha preferito Vrsaljko e non Arias, ha lasciato fuori Gimenez puntando su Savic e Felipe, ha dato fiducia a Renan Lodi nonostante la scarsa forma e la scarsa propensione difensiva mostrate recentemente. E poi la mossa più sorprendente: Lemar preferito sia a Marcos Llorente che a Vitolo, più creatività e meno muscolo a centrocampo e il coraggio di schierare un fianco destro, quello dove scorrazzano AlexanderArnold e Salah, agli allegri Lemar e Lodi. Joao Felix indisponibile, in panchina Diego Costa dopo 96 giorni di assenza.
Il Cholo in campo
«Altro che pessimismo, io percepisco un grande ottimismo» aveva detto alla vigilia Simeone. Beh, vi assicuriamo che era l’unico, o quasi. Perché l’Atletico si è presentato di fronte alla squadra più forte del mondo con la testa bassa e il morale ancora più giù. Indeciso e insicuro, travolto dalla transizione che gli ha fatto perdere 5-6 titolari, compresa l’intera difesa titolare dello scorso anno. Stagione di passaggio o meno il Cholo evidentemente sa ancora toccare le corde giuste per tendere i suoi. Per trasmettergli questa aria da last resort che tanta gioia ha portato alla naturale predisposizione alla sofferenza “atletica”. Il Cholo ha caricato i suoi poi è sceso in campo con loro. Non poteva toccare il pallone, ma giocava anche lui. Rigorosamente fuori dall’area tecnica, a un palmo dal campo, sbraitando, sbracciando, urlando, incitando, cazziando, protestando, saltando, scalciando. «Se io in panchina sono su un livello emozionale 4, Simeone è al livello 12» aveva detto a ragione Klopp.
Better call Saul
L’Atletico è partito a tutta e prima dello scoccare del quarto minuto ha trovato il gol di Saul, su angolo rimpallato sul piede di Fabinho. Per lo spagnolo è il decimo gol in Champions e tutte le sue reti sono state per l’1-0: chiamatelo pure apriscatole. La serie “Better call Saul” sembra dedicata a lui. Poi nel primo tempo è stato quasi solo
Liverpool, che però ha trovato il primo tiro solo al 30’, e nessuno nello specchio fino al 90’, con Alisson decisivo di piede su un contropiede di Morata. Nell’intervallo Simeone ha chiuso ancor di più la partita con Llorente per Lemar, Klopp ha tolto subito Mané, nervoso e inutile, e poi anche Salah, a sorpresa. Il Liverpool si è perso, Origi e Oxlade erano in modalità “off” e non è riuscito nemmeno a schiacciare l’Atletico, che si è difeso bene e ha sprecato il raddoppio con Vrsaljko, Morata e Diego Costa. Il Metropolitano cantava, Simeone diceva che non bastava, voleva più volume, più tensione, più appoggio. Ad Anfield sarà lo stesso. Ma contro lui e i suoi indomiti prodi.
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