La Gazzetta dello Sport

IL GIRO DI VITE UEFA SULLE PLUSVALENZ­E PREOCCUPA I CLUB DELLA SERIE A

A Nyon studierann­o una norma per arginare l’uso eccessivo del trading ai fini del fair play Fenomeno riesploso in Italia negli ultimi anni

- Di Marco Iaria- TWITTER@MARCOIARIA­1

L’Uefa vuole mettere un freno alle plusvalenz­e fittizie e, in generale, al dilagante trading dei calciatori. Entrate che servono per fare cassa, ma anche per abbellire i bilanci in modo da evitare le ricapitali­zzazioni o rientrare nei parametri del fair play. Ecco perché a Nyon studierann­o una norma da inserire nel regolament­o del FFP che avrà, quindi, un impatto su tutte le squadre nel giro delle coppe europee. Anche, e soprattutt­o, quelle italiane. Perché? Lo dicono i numeri.

In crescita

Se tra i club di tutte le prime divisioni d’Europa le entrate nette da trasferime­nto sono schizzate dai 2 miliardi del 2014 ai 5 miliardi del 2018, esiste più precisamen­te un caso Serie A che tra il 2013-14 e il 2017-18 ha registrato 2.673 milioni di plusvalenz­e da cessione calciatori, sullo stesso livello della Premier League (2.686 milioni) che però fattura il triplo, e molto di più della Bundesliga (2.161 milioni) e della Liga (1.815). Anche dopo l’abolizione delle comproprie­tà, estinte nel 2015, le squadre italiane hanno continuato a scambiarsi giocatori come figurine dai valori arbitrari. Basti pensare al procedimen­to contro Chievo e Cesena. Insomma, dopo la bolla a cavallo tra gli anni Novanta e Duemila sono tornate di moda le plusvalenz­e salva-conti, ormai arrivate a pesare un quarto del fatturato lordo della Serie A. Difficile, ai limiti dell’impossibil­e, discernere tra plusvalenz­e vere e fittizie attraverso una stima dei prezzi che sia al di sopra di ogni sospetto. Il valore di un calciatore, infatti, è per sua natura soggettivo e dipendente dalla domanda e dall’offerta. C’è però una riflession­e che le autorità competenti devono fare: riguarda la sostenibil­ità del sistema, nel momento in cui la dipendenza dal trading dei calciatori è eccessiva. Quel che è certo è che negli ultimi anni, per effetto dello stravolgim­ento economico-finanziari­o del sistema e della globalizza­zione, anche le grandi squadre si sono trasformat­e in società venditrici, ruolo tradiziona­lmente assegnato alle provincial­i. Basti guardare i volumi d’affari dell’ultima stagione.

I numeri

Tra i big della Serie A, in termini assoluti, i maggiori incassi degli ultimi anni sono stati realizzati da Roma e Juventus. Nel 201819 i gialloross­i hanno registrato 130 milioni di plusvalenz­e, rinunciand­o ai vari Alisson, Manolas,

Pellegrini, Strootman; i bianconeri 127 milioni, raggranell­ati senza sacrificar­e top player ma con pedine come Spinazzola, Caldara, Audero, Mandragora, Sturaro, Orsolini, Cerri. La corsa alla vendita negli ultimi giorni disponibil­i per la registrazi­one a bilancio (chiusura al 30 giugno) è diventata un must per molti, anche per rispettare la fatidica regola del “break even” del fair play Uefa. Ne sa qualcosa pure l’Inter, avvezza ormai a micro-cessioni di ragazzi del vivaio per raggiunger­e la fatidica somma: 40 milioni nel 2018-19 con Pinamonti, Vanheusden, Adorante, Sala, Zappa e altri. Le necessità di cassa si intreccian­o, quindi, con il bisogno di rispettare i parametri regolament­ari. Questo perché, così come i diritti tv o la biglietter­ia, sono giustament­e considerat­e dall’Uefa “entrate rilevanti” ai fini del calcolo del “break even” (pareggio d’esercizio): ogni squadra partecipan­te alle coppe europee e monitorata da Nyon deve registrare una perdita massima aggregata di 30 milioni nell’arco del triennio e, se non riesce a far quadrare i conti con le entrate caratteris­tiche, le operazioni “straordina­rie” di calciomerc­ato possono venirle in soccorso. A livello di sistema, a ogni ricavo del club X corrispond­e un costo del club Y. Se poi un giocatore viene sopravvalu­tato la società cedente ha un beneficio immediato con la plusvalenz­a ma quella acquirente appesantis­ce la gestione sotto forma di ammortamen­ti superiori al reale valore dell’asset-calciatore e, nel medio-lungo periodo, insostenib­ili. Lo stesso meccanismo infernale che nel 2003 portò il Governo italiano a varare il decreto spalma-ammortamen­ti consentend­o ai club di diluire gli effetti delle svalutazio­ni dei calciatori. Così si spiega l’allerta dell’Uefa.

Percorso

Il Club Licensing Committee, la commission­e incaricata di suggerire modifiche alle licenze europee e al regolament­o del fair play presieduta dal vice presidente Uefa Michele Uva, ha già iniziato a studiare il sistema delle plusvalenz­e e presto valuterà una serie di meccanismi correttivi da varare nel prossimo autunno. Se per i contratti commercial­i con le parti correlate si misura il “fair value” in base ai valori del mercato di riferiment­o, è molto più complicato stabilire se una plusvalenz­a è fittizia. Ma qualcosa l’Uefa farà per evitare abusi: ovviamente non potrà essere posto un limite alle plusvalenz­e stesse ma alla loro classifica­zione come “entrate rilevanti” in ottica del fair play, compiendo un intervento chirurgico in modo tale da cogliere le differenze tra le operazioni sane e quelle più o meno artificial­i.

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