IL GIRO DI VITE UEFA SULLE PLUSVALENZE PREOCCUPA I CLUB DELLA SERIE A
A Nyon studieranno una norma per arginare l’uso eccessivo del trading ai fini del fair play Fenomeno riesploso in Italia negli ultimi anni
L’Uefa vuole mettere un freno alle plusvalenze fittizie e, in generale, al dilagante trading dei calciatori. Entrate che servono per fare cassa, ma anche per abbellire i bilanci in modo da evitare le ricapitalizzazioni o rientrare nei parametri del fair play. Ecco perché a Nyon studieranno una norma da inserire nel regolamento del FFP che avrà, quindi, un impatto su tutte le squadre nel giro delle coppe europee. Anche, e soprattutto, quelle italiane. Perché? Lo dicono i numeri.
In crescita
Se tra i club di tutte le prime divisioni d’Europa le entrate nette da trasferimento sono schizzate dai 2 miliardi del 2014 ai 5 miliardi del 2018, esiste più precisamente un caso Serie A che tra il 2013-14 e il 2017-18 ha registrato 2.673 milioni di plusvalenze da cessione calciatori, sullo stesso livello della Premier League (2.686 milioni) che però fattura il triplo, e molto di più della Bundesliga (2.161 milioni) e della Liga (1.815). Anche dopo l’abolizione delle comproprietà, estinte nel 2015, le squadre italiane hanno continuato a scambiarsi giocatori come figurine dai valori arbitrari. Basti pensare al procedimento contro Chievo e Cesena. Insomma, dopo la bolla a cavallo tra gli anni Novanta e Duemila sono tornate di moda le plusvalenze salva-conti, ormai arrivate a pesare un quarto del fatturato lordo della Serie A. Difficile, ai limiti dell’impossibile, discernere tra plusvalenze vere e fittizie attraverso una stima dei prezzi che sia al di sopra di ogni sospetto. Il valore di un calciatore, infatti, è per sua natura soggettivo e dipendente dalla domanda e dall’offerta. C’è però una riflessione che le autorità competenti devono fare: riguarda la sostenibilità del sistema, nel momento in cui la dipendenza dal trading dei calciatori è eccessiva. Quel che è certo è che negli ultimi anni, per effetto dello stravolgimento economico-finanziario del sistema e della globalizzazione, anche le grandi squadre si sono trasformate in società venditrici, ruolo tradizionalmente assegnato alle provinciali. Basti guardare i volumi d’affari dell’ultima stagione.
I numeri
Tra i big della Serie A, in termini assoluti, i maggiori incassi degli ultimi anni sono stati realizzati da Roma e Juventus. Nel 201819 i giallorossi hanno registrato 130 milioni di plusvalenze, rinunciando ai vari Alisson, Manolas,
Pellegrini, Strootman; i bianconeri 127 milioni, raggranellati senza sacrificare top player ma con pedine come Spinazzola, Caldara, Audero, Mandragora, Sturaro, Orsolini, Cerri. La corsa alla vendita negli ultimi giorni disponibili per la registrazione a bilancio (chiusura al 30 giugno) è diventata un must per molti, anche per rispettare la fatidica regola del “break even” del fair play Uefa. Ne sa qualcosa pure l’Inter, avvezza ormai a micro-cessioni di ragazzi del vivaio per raggiungere la fatidica somma: 40 milioni nel 2018-19 con Pinamonti, Vanheusden, Adorante, Sala, Zappa e altri. Le necessità di cassa si intrecciano, quindi, con il bisogno di rispettare i parametri regolamentari. Questo perché, così come i diritti tv o la biglietteria, sono giustamente considerate dall’Uefa “entrate rilevanti” ai fini del calcolo del “break even” (pareggio d’esercizio): ogni squadra partecipante alle coppe europee e monitorata da Nyon deve registrare una perdita massima aggregata di 30 milioni nell’arco del triennio e, se non riesce a far quadrare i conti con le entrate caratteristiche, le operazioni “straordinarie” di calciomercato possono venirle in soccorso. A livello di sistema, a ogni ricavo del club X corrisponde un costo del club Y. Se poi un giocatore viene sopravvalutato la società cedente ha un beneficio immediato con la plusvalenza ma quella acquirente appesantisce la gestione sotto forma di ammortamenti superiori al reale valore dell’asset-calciatore e, nel medio-lungo periodo, insostenibili. Lo stesso meccanismo infernale che nel 2003 portò il Governo italiano a varare il decreto spalma-ammortamenti consentendo ai club di diluire gli effetti delle svalutazioni dei calciatori. Così si spiega l’allerta dell’Uefa.
Percorso
Il Club Licensing Committee, la commissione incaricata di suggerire modifiche alle licenze europee e al regolamento del fair play presieduta dal vice presidente Uefa Michele Uva, ha già iniziato a studiare il sistema delle plusvalenze e presto valuterà una serie di meccanismi correttivi da varare nel prossimo autunno. Se per i contratti commerciali con le parti correlate si misura il “fair value” in base ai valori del mercato di riferimento, è molto più complicato stabilire se una plusvalenza è fittizia. Ma qualcosa l’Uefa farà per evitare abusi: ovviamente non potrà essere posto un limite alle plusvalenze stesse ma alla loro classificazione come “entrate rilevanti” in ottica del fair play, compiendo un intervento chirurgico in modo tale da cogliere le differenze tra le operazioni sane e quelle più o meno artificiali.