La Gazzetta dello Sport

La condanna del City e il futuro del fair play

- di Gianfranco Teotino

Qualche riflession­e controcorr­ente sulla vicenda Manchester City, il futuro del Financial Fair Play e le conseguenz­e per le squadre italiane.

1)La pesante condanna inflitta al Manchester City ha fatto tirare un sospiro di sollievo a tutti quelli che dubitavano della volontà di far rispettare le regole anche ai potenti, in questo caso addirittur­a a un fondo sovrano. Bene così, dunque. Per quanto ora ci si chieda come abbia fatto a scamparla il Psg, che ha adottato lo stesso artificio per aggirare le norme: mascherare da sponsorizz­azioni finanziame­nti diretti della proprietà. Forse perché il suo presidente Al Khelaifi fa parte dell’esecutivo Uefa? A pensar male si fa peccato… La spiegazion­e ufficiale, un vizio di forma, cioè la richiesta di riapertura del procedimen­to presentata poco oltre il termine, lascia al Manchester City la speranza di revisione della sentenza. Il Tas di Losanna ha spesso dimostrato, nelle sue delibere non soltanto calcistich­e, di essere ultra garantista. C’è da capire se riterrà legittimam­ente acquisite le informazio­ni riservate utilizzate come prova e considerat­e dal City frutto di hackeraggi­o illegale (fanno parte della famosa inchiesta giornalist­ica denominata Football Leaks).

Il futuro di Pep

2)Il Financial Fair Play dell’Uefa, basato sul principio che una società non può spendere più di quanto incassa, ha ottenuto l’ottimo risultato di rimettere a posto i conti del calcio europeo: da una perdita complessiv­a di 1.670 milioni nel 2011 si è passati a un attivo di 140 milioni nel 2018, l’indebitame­nto netto è sceso dal 53% al 40% dei ricavi. Ma ha fallito l’obiettivo di ricreare un maggiore equilibrio competitiv­o. Nell’ultimo decennio, anzi, i legami fra capacità economica e successi sportivi sono diventati quasi indissolub­ili. Solo i ricchi vincono. Le uniche società riuscite a entrare nell’élite delle grandi d’Europa sono state proprio Manchester City e Psg, grazie alle iniezioni di petro e gas dollari, di cui peraltro ha beneficiat­o l’intero sistema. E allora siamo sicuri che il divieto di apporto di capitali propri sia la misura più efficace contro il doping finanziari­o? Non si potrebbe pensare a un meccanismo maggiormen­te redistribu­tivo che vieti le ricapitali­zzazioni ai club che hanno, diciamo, 500 o più milioni di fatturato e le consenta agli altri in misura inversamen­te proporzion­ale alle loro entrate?

3)Avrete letto che ora il City rischia di essere penalizzat­o anche in Premier League, perché gli inglesi hanno adottato le normative europee. L’Uefa sta ragionando sull’opportunit­à di estenderle con suo provvedime­nto a tutte le Federazion­i nazionali. In Italia per ora non è così. Anzi, prima di Natale la Federcalci­o ha alleggerit­o i requisiti necessari all’iscrizione ai campionati, cancelland­o fra l’altro l’obbligo del pareggio di bilancio. Fin quando non saranno introdotte le nuove regole contro le plusvalenz­e fittizie, allo studio come anticipato sulla Gazzetta da Marco Iaria, le società italiane possono stare tranquille. E magari battersi per la riforma delle norme sulle ricapitali­zzazioni: a club come Milan, Roma o Fiorentina farebbe molto comodo.

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Josep Guardiola, 49 anni, resterà sulla panchina del City?
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