VAMOS ATALANTA! FACCI SORRIDERE
Nel vuoto di Valencia parte da 4-1 Cerca i quarti per Bergamo e la storia
Una notte per Bergamo e per la storia. Scritto oggi, detto pensando a stasera, suona un po’ retorico, sì: come tanto di quello che siamo costretti a dirci in questi giorni di sgomenta rassegnazione ad una vita che non avremmo mai immaginato. Ma a pensarci bene è ciò che avremmo scritto anche se questo incubo non si fosse materializzato (quasi) all’improvviso: ora che quel tormento galleggia sopra le nostre teste e dentro le nostre pance, lo scriviamo più forte. La storia dell’Atalanta ai quarti di finale di Champions, dunque di una squadra capace di fare la storia: sarebbe un regalo da scartare forse con ancora più emozione di quella che i suoi tifosi vagheggiano dalla notte del 4-1 di San Siro. Un respiro di aria pura per chi ha scoperto anche la paura di respirare.
La missione, il debito
Forse una squadra e il calcio non possono così tanto, ma certe notti servono pure per illudersi che sia così. E per illudersi anche che quel regalo non sia solo per Bergamo, ma per tutta una regione che ha scoperto l’effetto che fa avere le porte chiuse, come quelle di Mestalla stasera. Illudersi addirittura che lo senta come tale tutta l’Italia, che ora le avrà come la Lombardia: diciamo l’Italia del nostro pallone, diciamo quell’Italia «neutrale» che da tempo accende la tv per sintonizzarsi sull’Atalanta, se ha voglia di vedere calcio che faccia bene agli occhi. Chi scenderà in campo stasera non penserà a tutto questo, ma molto di tutto ciò ha sfiorato, o toccato, i pensieri dei giocatori di Gasperini, in questi giorni. Lo ha fatto capire il tecnico ieri, lo ha scritto il giorno prima su Instagram il capitano, Alejandro Gomez, facendo suo un post di Walter Zenga: «Tanti lavoratori devono continuare a portare il pane a casa e non possono scegliere di fermarsi. Per rispetto verso di loro e verso il nostro popolo, noi continuiamo ad allenarci in silenzio, per preparare le prossime gare». Quasi che giocare fosse una missione, un debito di riconoscenza per l’amore ricevuto in tempi più semplici.
La rabbia del Papu
La Lombardia chiusa ma ancora in Europa - al centro dell’Europa dov’è sempre stata - anche senza l’aiuto di Inter e Milan: una notte fatta apposta per l’orgoglio di Bergamo, dunque. Non sarà facile, di sicuro sarà strano. Com’è stato ieri per l’Atalanta arrivare a Valencia e trovare una città che vive nor
malmente, giornalisti che cercano interviste anche senza mantenere le dovute distanze di sicurezza. Non è facile fare imbestialire Gomez, ma qualcuno c’è riuscito. E dopo un attimo di stupore («Ma cosa state facendo? Non potete fare un’intervista adesso»), dal Papu si è preso anche del pagliaccio. Sarà strano giocare nel deserto gelato di uno stadio che di solito ribolle del suo tifo: sarebbe ipocrita non definirlo un vantaggio, non è pretestuoso dire che sarà un’incognita. Quasi per tutti, come ha spiegato ieri ai microfoni Sky Robin Gosens: «Per molti di noi giocare così sarà totalmente nuovo, e potrà darci una sensazione di insicurezza, come sempre quando non conosci una cosa».
Un’incognita quasi per tutti, e quel quasi riguarda De Roon, Freuler, Gomez e Djimsiti, che erano in campo o in panchina, assieme a Sportiello e Toloi (che stasera non ci sarà), il 20 aprile 2016 in Palermo-Atalanta 2-2, a porte chiuse per precedenti intemperanze dei tifosi rosanero.
E riguarda anche Gasperini, che il 9 maggio 2010 (Genoa-Milan 1-0) era squalificato, ma visse comunque l’aria virtuale di Marassi, chiuso nel 15° anniversario dell’omicidio Spagnolo. L’ulteriore scatto di crescita che il tecnico chiederà alla sua squadra stasera non sarà solo oltrepassare il confine dei quarti. Sarà essere più forte anche di quel vuoto pneumatico che sentirà attorno, e dentro. Una squadra che non sa (solo) difendersi, e non perché davanti ha gente come Ilicic, Gomez, Zapata, e volendo Malinovskyi e Muriel; non perché tre settimane fa il Valencia le ha mostrato tutte le nudità della sua fase difensiva; ma perché i quarti di finale di Champions League sono lì, ad un passo, anche perché è stata sempre se stessa, forte del suo gioco e dei suoi principi. Anche con tre gol di vantaggio. Se possibile anche in una notte irreale, lontana da Bergamo e dall’Italia: forse fra poco più vicine alla storia, con la Dea.