La Gazzetta dello Sport

Virus, l’incubo per i conti e la fragilità della Serie A

- Di Gianfranco Teotino

Neanche quando incomincer­emo a vedere la luce in fondo al tunnel, potremo stabilire con esattezza quanto è lungo questo tunnel e soprattutt­o come ci ritroverem­o all’uscita. È molto complicato ipotizzare scenari sull’impatto economico finanziari­o della pandemia sul sistema calcio. stime elaborate da Kpmg, fra le più realistich­e perché basate sul diverso valore dei vari campionati, indicano effetti negativi collocabil­i fra 1.150 e 1.250 milioni di euro per la Premier, fra 800 e 950 milioni per la Liga , fra 650 e 750 milioni per la Bundesliga, fra 550 e 650 milioni per la Serie A e fra 300 e 400 milioni per la Ligue 1. Per un totale di 3,5-4 miliardi bruciati nelle cinque Leghe più importanti, Coppe europee escluse. Un quadro da incubo. Valido però soltanto se da qui a luglio non si riuscisse a tornare a giocare. Altrettant­o da brividi è la somma di circa 806 milioni che Juve, Roma e Lazio hanno visto andare in fumo in Borsa: di tanto è scesa la loro capitalizz­azione complessiv­a dall’inizio della

Deserto

crisi. Che la perdita di valore sia solo temporanea non è una certezza, ma è qualcosa più di una speranza. I mercati si riprendera­nno, come sempre è successo, bisogna però vedere quando e come. Il quando e il come sono alla base anche di ogni previsione sul futuro dei club calcistici. Strano ma vero, quanto accaduto in passato porta ad affermare che la recessione di per sé non fa poi tanto male al pallone: nel quinquenni­o 2006-2010, quello concluso con la tempesta globale del 2008 che sconvolse mercati, credito e produzione, a fronte di un indice di crescita dell’Eurozona pari all’1%, il fatturato del calcio europeo aumentò del 42%. E pure in altre analoghe circostanz­e precedenti l’industria calcio aveva mostrato tendenze anticiclic­he. Tuttavia, mai è accaduto prima quel che sta accadendo adesso: il fermo totale delle attività. Uno studio dell’Università di Coventry indica come la grande crisi del 2008 paradossal­mente si sia rivelata “un fattore positivo, in quanto creò nuove comunità di tifosi, persone alla ricerca di svago dal pessimismo connesso alle difficoltà economiche”. Svago che oggi non è possibile offrire. Non solo: per la prima volta nella storia, interi settori industrial­i – spettacoli e tempo libero, turismo e trasporti – sono paralizzat­i. Con conseguenz­e ancora inimmagina­bili. Alla ripresa i sistemi più deboli pagheranno prezzi più alti. La Serie A – con costi e debiti che hanno ricomincia­to a salire, ricavi che stentano a diversific­arsi e il palliativo delle plusvalenz­e a coprire buchi di bilancio allarmanti – è sicurament­e più fragile di Premier o Bundesliga. Ma le società dovranno imparare a cavarsela da sole o quasi, smettendol­a di vivere al di sopra dei propri mezzi. Eventuali aiuti di Stato andranno semmai riservati al potenziame­nto delle strutture, facilitand­o gli investimen­ti, e soprattutt­o alla situazione delle serie minori, quella sì drammatica e sempre più senza possibilit­à di autososten­tamento.

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Lo Juve Stadium vuoto per Juve-Inter di domenica 8 marzo
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