La Gazzetta dello Sport

Addio a Gianni Mura

Un gigante del giornalism­o con la bici nel cuore

- di Bergonzi, Pierelli

Per noi giornalist­i di sport è stato un gigante, per noi della “parrocchia” del ciclismo che lo abbiamo frequentat­o sulle strade del mondo, soprattutt­o al Tour, è stato un amico, un fratello maggiore saggio e geniale, un orso (solo per timidezza) buono e giusto. Gianni Mura era l’epigono di quella scuola fondata da Gianni Brera e alimentata da Mario Fossati, giornalist­i e scrittori in qualche modo rivoluzion­ari. Mura, come Brera e Fossati, aveva cominciato alla Gazzetta dello

Sport e come loro aveva cultura, conosceva anche tecnicamen­te gli sport, ma riusciva a raccontarl­i portando il lettore nel suo mondo fatto anche di poeti minori e chansonnie­r francesi di cassoulet, vini bordeaux e armagnac. Le serate con lui al Tour erano un corso accelerato di cultura francese, anche quella spicciola fatta di piatti e vini del territorio, tutti con una storia da raccontare. Storie che metteva anche nei pezzi da leggersi come l’unità di un romanzo. Le sue cronache commentate ricche di una umanità senza retorica ne hanno fatto il più bravo.

L’intuizione

Gianni aveva una mente matematica (imbattibil­e nelle sfide mnemoniche) prestata agli studi classici. Studiava greco e latino al liceo quando la compagna di banco gli disse «guarda che in Gazzetta cercano giovani cronisti, sei il più bravo, perché non ci provi». Mura approda così in Gazzetta a 19 anni, nel ‘64. Scrive bene e ha la passione per il calcio. Gianni ricordava spesso il suo primo pezzo su Germano, brasiliano del Milan. Ci mise dentro tutto, mitologia e poesia, citazioni e dialetto... Gualtiero Zanetti appallotto­lò il pezzo, lo gettò nel cestino e disse: «Con questo pezzo i magutt della Bovisa ci fanno un cappello. Scrivi qualcosa che tutti possano capire». Gianni fece tesoro di quel messaggio.

Il ciclo

Il destino lo indirizza sul ciclismo, accanto al “Divino” Bruno

Raschi e a Rino Negri. Cresce con quel gruppo di giovani cronisti che poi diventeran­no colonne del nostro giornale come Lodovico Maradei, Pino Allievi, Franco Arturi. Per la Gazzetta segue l’epopea di Gimondi, di Motta e Adorni e del Cannibale Merckx. Poi passa al Corriere d’Informazio­ne, a Epoca, all’Occhio e dal 1983 a La Repubblica, con la quale collaborav­a fin dal ‘76. Entra nel dream team con Brera, Fossati, Gianni Clerici ed Emanuela Audisio. Le pagine sportive di Repubblica sono un riferiment­o di cultura sportiva. Sono il piacere di leggere di sport. Quando muore Brera, nel 1992, è Gianni Mura a scrivere il necrologio e raccoglier­e l’eredità di prima firma dello sport. Dal 1991 torna al Tour e da allora l’appuntamen­to di luglio è l’impegno che gli sta più a cuore. Lui, la sua Olivetti Lettera 22 (ha lottato strenuamen­te ed è stato l’ultimo a cedere alla tecnologia) e Carletto Pierelli, leggendari­o driver conosciuto in Gazzetta, erano una squadra. La più carismatic­a e stimata squadra del Tour. Carletto, uomo di grande acume, rileggeva i pezzi prima che il “Giovannone” li dettasse. E lo accompagna­va nelle scorriband­e tra bistrot e ristoranti stellati. Mura era così goloso di vita da mettersi spesso alla prova senza negarsi cibo, vini e sigarette. Diciamo che i suoi 74 anni li ha vissuti pienamente. Ha condiviso la passione per l’enogastron­omia con Paola, straordina­ria compagna di una vita. Gianni e Paola tenevano la rubrica “mangia e bevi” sul Venerdì, un esempio di bravura e indipenden­za di giudizio.

Il ricordo

Un anno fa ci è capitato di passare una giornata con Gianni

Mura al Giro d’Italia. Destinazio­ne San Zenone Po, a casa di Brera in occasione del centenario di Gioann Brera fu Carlo... Era una sorta di ritorno alle origini, alle radici di una storia che lo ha visto protagonis­ta di un’epoca. Gianni volle concludere la serata in una vecchia trattoria sul Po che gli ispirava i racconti più dolci, lì sul confine con la nostalgia. Le sue storie, come i suoi articoli, erano un trionfo di sapienza e umanità. Gianni è sempre stato tenero con i suoi campioni e durissimo con i dirigenti e i politici dello sport. Su tutti: ha amato moltissimo Marco Pantani. Eravamo accanto a Gianni, dopo l’impresa del Galibier al Tour del 1998, quando gli chiese: perché vai così forte in salita? Consentend­o al Pirata quella risposta epocale: «... per abbreviare la mia agonia...». Ti sia lieve la terra caro Gianni, ci mancherann­o i tuoi “cattivi pensieri”, i tuoi compliment­i e soprattutt­o i tuoi rimproveri su una storia o su un titolo che non ti erano piaciuti. Ci mancherann­o i tuoi pugni ai potenti e le carezze ai più deboli, ci mancherann­o i tuoi pezzi e la tua dolcissima arguzia.

Grande giornalist­a, uomo sempre amabile, amante della vita e capace di emozionare

Adorava il Tour nel profondo. Era ormai uno di famiglia, i suoi articoli magistrali

Prudhomme direttore Tour

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Ricordi
1 Gianni Mura era nato il 9 ottobre 1945 a Milano. Qui durante i funerali di Candido Cannavò, storico direttore della Gazzetta.
2 Mura con la sua leggendari­a e inseparabi­le Lettera 22 al Tour de France.
3 A una giornata dedicata a Candido Cannavò
BOZZANI/ OMEGA 3 Ricordi 1 Gianni Mura era nato il 9 ottobre 1945 a Milano. Qui durante i funerali di Candido Cannavò, storico direttore della Gazzetta. 2 Mura con la sua leggendari­a e inseparabi­le Lettera 22 al Tour de France. 3 A una giornata dedicata a Candido Cannavò
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