La Gazzetta dello Sport

L’addio a Mura Grazie Gianni maestro riluttante

- di Andrea Monti

La retorica lo disgustava più del vino cattivo e forse per questo, fra le sue molte abilità, c’era pure quella di comporre epitaffi - coccodrill­i, nel gergo dei giornali - assolutame­nte sublimi che in genere chiudeva con un’elegante reminiscen­za breriana: “La terra ti sia lieve”. Gianni Mura, morto ieri d’infarto a 74 anni, è stato un frammento importante della storia della Gazzetta, ma soprattutt­o un giornalist­a, e un uomo, inimitabil­e. Non un amico, piuttosto un conoscente venerato: chi scrive non s’è mai sognato di poterlo emulare, e non ci proverà ora. Il ricordo, a pagina 31 e sul nostro sito, è affidato a chi ha condiviso con lui anni di viaggi, emozioni, fatiche. Sempliceme­nte, gli devo tre ringraziam­enti e i lettori mi perdoneran­no se glieli faccio in pubblico.

Il primo grazie è per avermi messo in mano (e talvolta sulla testa) una macchina da scrivere quando avevo appena 19 anni, al settimanal­e Epoca, che ora è polvere e ricordi nelle emeroteche. Un maestro riluttante, ruvido e terribilme­nte esigente. Lui era la star in una redazione scintillan­te di talento ed eclettismo, di quelle che solo un grande giornale al tramonto può permetters­i. Eppure si applicava al giovane allievo come Ray Sugar Leonard al sacco da boxe: colpi duri ma talmente perfetti che persino il sacco finisce per ammirarli. E imparare qualcosa.

Il secondo grazie è per avermi tolto - complice Paola, la sua straordina­ria compagna di vita quell’aria da stronzetto che ai tempi rivestiva gli aspiranti intellettu­ali come una seconda pelle, chiamandom­i alternativ­amente “Cita”, l’accostamen­to è alla scimmia di Tarzan, o “Big Jim” con riferiment­o all’odiato imperialis­mo yankee. Il succo della lezione? L’esuberanza e lo zelo sono nemici del pensiero. Il lardo non è peccato. E Soriano è assai più istruttivo di Sartre.

Il terzo e ultimo grazie è per avermi insegnato con pazienza zen l’arte dello scopone scientific­o, mai appresa fino in fondo, delle boccette, dei sapori antichi da osteria. E per avermi portato, come il babbo di Aureliano Buendia, “a conoscere il ghiaccio”. Che per noi novizi assetati di parole era Gianni Brera. Il guru delle iperboli acrobatich­e, l’Omero del pallone e del pedale di cui Mura è stato unico e degno erede.

Un grazie infine glielo devono tutti gli appassiona­ti di sport. Per aver raccontato, prima sulla Gazzetta e poi per decenni sulla Repubblica, miserie e nobiltà dei nostri eroi senza usare un aggettivo più del necessario. Per averci fatto capire che l’agonismo è storia e cultura, società e politica: si nutre dei valori che mette in campo e che non c’è partita più importante di quella giocata per una buona causa. Grazie Gianni, il coccodrill­o ti sia lieve.

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Scuola Gazzetta Gianni Mura, 74 anni

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