IL NUMERO
Ferrari e Mercedes scendono in pista per il GP degli aiuti I team di F.1 pronti a produrre ventilatori E la Dallara fa da tramite per le maschere
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già impegnati o che si stanno attrezzando per aiutare la produzione di apparecchiature di emergenza da utilizzare negli ospedali per far fronte alla pandemia di coronavirus: Ferrari, Mercedes, McLaren, Red Bull e Williams
L’industria dell’auto scende in pista contro il coronavirus. È una catena di solidarietà che coinvolge colossi della Formula 1 come Ferrari e Mercedes, aziende ad alta innovazione tecnologica come la Dallara e tutta la filiera di fornitori a esse collegati. Per la prima volta gli ingegneri che progettano monoposto da trecento all’ora, imbottite di elettronica come navicelle spaziali, sono chiamati a un altro compito. Ideare e realizzare in tempi brevi apparecchiature per scopi sanitari. Dai ventilatori che si adoperano nei reparti di rianimazione degli ospedali, ormai affollati di pazienti affetti da Covid-19 con insufficienza respiratoria, ai pezzi di ricambio che servono a farli funzionare. Stavolta, la corsa che bisogna vincere è salvare vite umane.
Pool di cervelloni
La scuderia di Maranello ha già dato la propria disponibilità per collaborare con la Siare Engineering, che produce respiratori, in modo da aiutarla ad arrivare alle 500 unità al mese. Il Cavallino ha mobilitato la sua rete di aziende partner affinché producano pezzi per la Siare, a cui sono venuti a mancare alcuni fornitori dopo l’esplosione dell’emergenza legata al contagio. Nell’operazione è coinvolta anche Exor, la holding della famiglia Agnelli, che aveva già donato 10 milioni di euro, comprando 150 ventilatori per gli ospedali e mettendo a disposizione una flotta di vetture per la distribuzione di aiuti e medicine. Oggi dovrebbe esserci l’annuncio che Mercedes, McLaren, Red Bull e Williams, cioè i principali costruttori inglesi, metteranno i “cervelloni” dei loro reparti corse al servizio del Governo britannico, dell’University College di Londra e degli ospedali, per disegnare, realizzare e testare rapidamente gli strumenti che venissero richiesti, grazie alla riconversione produttiva delle loro fabbriche. Le incredibili capacità che i team di Formula 1 hanno maturato nella ricerca tecnica e nelle sue applicazioni, adesso possono contribuire per la prima volta al bene pubblico, anziché alle vittorie mondiali.
Esempio italiano
La storia più affascinante arriva però dall’Italia. Ed è legata all’azienda di Gian Paolo Dallara, 83 anni, il geniale ingegnere parmense creatore della Lamborghini Miura, delle monoposto di svariati campionati come la IndyCar e dei telai della Haas di F.1. La sua fabbrica di Varano de Melegari è un luogo di eccellenza nella sperimentazione. Le conoscenze ora sono servite per fronteggiare la carenza di maschere ospedaliere C-Pap destinate alla terapia sub-intensiva. La Dallara ha infatti aiutato Isinnova, una start up bresciana impegnata su questo fronte, mettendola in contatto con la Roboze, azienda americana fornitrice di stampanti 3D con sede a Bari. La Isinnova, fondata da Cristian Fracassi, un giovane ingegnere, nelle scorse settimane è finita sulle pagine del New York Times e nei notiziari della Bbc per avere trasformato una maschera da sub della Decathlon in un respiratore a scopi sanitari, grazie a una valvola stampata in 3D (si chiama Charlotte) da collegare ai tubi dell’ossigeno. In precedenza l’azienda di Fracassi aveva realizzato in pochi giorni 100 valvole di ricambio per i ventilatori dell’ospedale Chiari di Brescia. La collaborazione con la Roboze in soli due giorni ha consentito di produrre altre 160 valvole per la maschera da snorkeling brevettata dalla Isinnova (l’obiettivo è di arrivare a 500 kit). Ne ha già fatto richiesta anche l’ospedale di Parma.
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IL NUMERO 50
già registrati dalla start-up bresciana Isinnova, che nelle scorse settimane ha trasformato una normale maschera da sub in un respiratore grazie a una valvola (chiamata Charlotte) stampata in 3D
Da Maranello collaborazione con la Siare per arrivare a 500 unità al mese
Le squadre inglesi metteranno i loro “cervelli” al servizio del governo