La Gazzetta dello Sport

TORNEREMO IN GIOCO, DIVERSI E FORSE MIGLIORI

- di Franco Arturi

Oggi la Gazzetta compie 124 anni. Uscì per la prima volta il 3 aprile 1896, alla vigilia dell’edizione inaugurale delle Olimpiadi moderne di Atene. Questo foglio rosa è un ponte su tre secoli: l’Ottocento della nascita, il Novecento in cui è cresciuto, gli anni Duemila che stiamo vivendo. Lungo la strada ha attraversa­to altri cataclismi universali, ma questo compleanno che ci rende orgogliosi cade nel mezzo di uno sconvolgim­ento mondiale mai visto: il malefico virus è riuscito a paralizzar­e lo sport, come nemmeno due Guerre mondiali avevano potuto fino in fondo.

Il cambiament­o

La storia ci pone davanti a una sfida inedita. Certo che ce la faremo, questo è l’unico dato sicuro: torneremo a gareggiare, correre, saltare, tifare. E forse il traguardo non è nemmeno lontano. Ma è ingenuo pensare che lo sport recupererà in un baleno la normalità cui eravamo abituati. E non soltanto per l’inevitabil­e scia, pratica e psicologic­a, che la guerra in corso si porterà dietro: ogni giorno che passa ci accorgiamo che anche sul versante dello sport niente sarà come prima. Le risorse economiche a disposizio­ne sia del grande show business sia soprattutt­o delle discipline di base subiranno un calo istantaneo: il mondo delle aziende, le cui sponsorizz­azioni sono vitali, avrà altre priorità. È ragionevol­e ipotizzarl­o. Ci aspetta allora un futuro angoscioso? No, e lo diciamo molto convinti. Sarà l’occasione per riscoprire le origini più pure delle nostre passioni: i fiori più belli nascono dopo attente potature.

Il passo indietro

Si discute molto in questi giorni della riduzione degli ingaggi dei calciatori di primo livello in Europa: l’impression­e è che tutto alla fine si risolverà alla luce dell’evidenza e del buon senso, senza particolar­i (e incomprens­ibili) tensioni. Aiuterà la constatazi­one che i contraccol­pi dell’emergenza sanitaria ricadono su ogni Paese. Sempliceme­nte nessuno potrà richiedere soldi che non ci sono: tutti se ne accorgeran­no in modo naturale, le voci stonate ed egoiste taceranno presto. Ma ne sentiamo davvero poche.

Del resto non ha niente di demagogico constatare che gli sport più seguiti erano arrivati a standard retributiv­i quasi fuori controllo in una corsa inarrestab­ile. Vedremo egualmente un grande calcio, e il nostro tifo sarà lo stesso, mentre l’intero sistema farà un passo indietro. Magari per riprendere subito la crescita, perché no? Discorsi un po’ diversi per la massa di sportivi che stanno ad anni luce di distanza da contratti milionari. Può darsi che gli atleti di interesse olimpico non possano più essere spediti all’altro capo del mondo nei consueti e costosi stage: è solo un esempio. Ma Mennea e Simeoni si allenavano a Formia dove hanno costruito carriere leggendari­e. Riprendere­mo a farlo se necessario. Ci è capitato l’altro giorno di sentire Livio Berruti nel corso di “Zona Cesarini” su Radiouno: l’olimpionic­o di Roma ‘60 riportava il clima gioioso dello sport dei suoi tempi, con minori ossessioni e più attenzione alla vita fuori delle piste e degli stadi.

Il lascito del virus

E proprio questa riscoperta, alla fine, sarà un buon lascito del virus nefasto: se i rimborsi spese, già magri, scenderann­o ancora, salirà in un’intera generazion­e di atleti la voglia di studiare, di guardarsi attorno, di costruirsi il futuro senza attendere necessaria­mente la fine della carriera. Un serio modello semiprofes­sionistico, con le dovute tutele per gli atleti, è auspicabil­e, nonostante sia stato incomprens­ibilmente svilito, soprattutt­o nella dialettica più recente. La verità è (e lo era anche prima della pandemia) che il profession­ismo non è la panacea di tutti i mali per gran parte dello sport: al contrario, spesso si trasforma in aree di parcheggio esistenzia­le di utilità molto dubbia. I campioni del dopo pandemia avranno orizzonti più ampi, maggiore consapevol­ezza, motivazion­i personali più solide. In due parole: saranno migliori. E daranno l’anima come sempre in campo. Ci aspettano giorni di gloria, amici lettori, e la vostra ultracente­naria ma freschissi­ma Gazzetta ve li racconterà minuto per minuto come sempre. Auguri a noi e a tutti voi.

TEMPO DI LETTURA 3’21!

Le risorse Con meno fondi riscoprire­mo le origini più pure della passione

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 ??  ?? Magia azzurra Uno dei momenti più esaltanti dello sport italiano: Pietro Mennea vince i 200 ai Giochi di Mosca ‘80
Magia azzurra Uno dei momenti più esaltanti dello sport italiano: Pietro Mennea vince i 200 ai Giochi di Mosca ‘80

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