La Gazzetta dello Sport

«Perché giocare se c’è chi muore»

«PERCHÉ GIOCARE SE NEL MONDO C’È CHI MUORE? PRIMA LA SALUTE»

- di Angioni, Stoppini

Assist di Thierry Henry, gol di Romelu Lukaku. Sì, gli stadi sono chiusi e le aree di rigore deserte ormai da un po’. Ma può bastare una diretta Instagram per scalare la classifica delle tendenze sui social. Lukaku è salito velocement­e in vetta, nel tardo pomeriggio di ieri, dopo aver detto soprattutt­o (ma non solo) questo: «È stato necessario che fosse positivo un giocatore della Juve (ripetuto due volte, ndr) per mettere tutti in quarantena: è normale tutto ciò? No, non è normale». Apriti cielo, perché il passaggio sul club bianconero ha ovviamente scatenato una guerra di paese (ma si può scrivere anche con la P maiuscola), una naturale divisione tra chi ha letto un preciso riferiment­o dell’attaccante alla Juventus e chi invece una sottolinea­tura temporale, essendo bianconero - nello specifico Rugani - solo il primo dei calciatori trovati positivi in Serie A. Forse, molto più sempliceme­nte sono vere entrambe le cose. Lukaku intendeva dire che il mondo del calcio si è svegliato troppo tardi - in fondo, concetto non troppo diverso da quanto detto da Godin nei giorni scorsi - e che dal punto di vista mediatico ad «aiutare» la comprensio­ne della gravità del momento è stato lo juventino Rugani.

Posizione

E certo il passaggio sulla Juventus fa da richiamo a un intervento per nulla banale del centravant­i dell’Inter, attualment­e a casa, in Belgio, in attesa di rientrare a Milano: dovrebbe farlo sul finire della prossima settimana, per poi iniziare una nuova quarantena. Ma forse è interessan­te andare più in profondità. Perché Romelu, nell’ora di diretta con Henry, ha detto anche altro sulla situazione attuale legata all’emergenza coronaviru­s. L’ha fatto mettendo in prima fila la parola «salute», ripetendol­a mille e una volte. Prima così: «La salute della gente è molto più importante. Io sono onesto, perché si gioca?». E qui ha mimato con la mano i gesto dei soldi. È qui che l’amico Henry - che è stato suo vice allenatore con il Belgio - l’ha incalzato. E Romelu ha spiegato: «Perché dobbiamo giocare se nel mondo c’è gente che rischia la vita? In Belgio hanno fermato tutto... (ieri lo stop definitivo del campionato, ndr). Il calcio mi manca, non lo nascondo, però adesso l’importante è la salute della gente. Tutto il resto è secondario». E ancora, altro passaggio importante: «Il mondo del calcio è un mondo di egoisti. Questo è il momento di dare l’esempio, di stare dalla parte della gente, altro che andare ad allenarsi, come ho fatto negli ultimi sei mesi. Si può sempre migliorare».

Come l’Inter

In soldoni: Lukaku si fa portavoce del sentimento comune dei giocatori dell’Inter - e chissà di quanti altri - sui timori di una possibile ripresa dell’attività agonistica. Il suo continuo riferiment­o alla salute va letto con la preoccupaz­ione legata ai rischi che comportere­bbe un rientro in campo senza le giuste contromisu­re. Quell’«altro che andare ad allenarsi» è in questo senso illuminant­e, per di più in una regione come la Lombardia che non smette di contare i morti, e riferito da un ragazzo come Romelu con un figlio di un anno e mezzo e una mamma che soffre di diabete. Il suo «prima la salute», peraltro, rispecchia perfettame­nte la posizione da sempre tenuta dalla stessa società Inter, nei discorsi in relazione alla ripresa dell’attività. Nessuno in casa nerazzurra è contrario a prescinder­e al ritorno in campo. Ma la tutela della salute è una partita da giocare a un livello superiore: vinta quella, si parli d’altro. E magari, chissà, anche di campionato, gol, allenament­i duri, il tifo da bambino per l’Inter, Adriano, Drogba, Ronaldo, tutti altri temi affrontati da Lukaku nella chiacchier­ata con Henry.

TEMPO DI LETTURA 3’16”

L’interista su Instagram: «In quarantena solo dopo la positività di un giocatore della Juve. È il momento di stare con la gente, altro che allenarsi»

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GETTY Leader Romelu Lukaku, 26 anni, è arrivato all’Inter dopo due stagioni allo United

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