Catenaccio e contropiede per sconfiggere il virus
Gentile direttore, sono un ricercatore che si occupa di biologia molecolare. Le propongo una interpretazione “calcistica” della lotta al coronavirus. Lo sport e la ricerca vengono spesso associati in occasione delle campagne di raccolta fondi. Più spesso vengono contrapposti, specie quando si fa rilevare la sproporzione tra i fondi che l’Italia dedica alla ricerca. Se quella che stiamo affrontando fosse una competizione sportiva, bisognerebbe constatare che la caratteristica più diabolica dell’avversario che stiamo affrontando è la sua capacità di indurci a sottovalutarlo.
Propongo quindi un’analisi “calcistica” della partita che si è giocata tra la città di Wuhan e il Covid-19, non tanto per recriminare su cosa andasse fatto, ma soprattutto per evidenziare cosa possiamo ancora fare. La partita si è svolta in tre fasi. Dalla seconda metà di dicembre al 22 gennaio si è assistito a un aumento esponenziale dei casi: ogni contagiato infettava in media quattro persone. È quello che si sarebbe ottenuto giocando a calcio senza portiere e senza difesa. Il drammatico risultato ha determinato un cambio di allenatore, con la nomina di un noto scienziato che ha spinto il governo a passare alla seconda fase, iniziata il 23 gennaio, con l’imposizione del blocco delle attività e le misure che abbiamo imparato a conoscere bene. In termini calcistici, potremmo dire che in questa fase Wuhan è passata dal non avere difesa al “catenaccio”. I risultati si sono visti, ma dopo un po’ si è capito che non sarebbe stato abbastanza. I casi continuavano ad aumentare, anche se a ritmo inferiore. È una partita che purtroppo stiamo continuando a vedere, in Europa e negli Usa.
Se dovessi riassumere quello che stiamo facendo, direi che ci siamo chiusi in difesa con la marcatura a uomo, sperando di portare via almeno un pareggio con l’inizio della bella stagione. Però Wuhan e la Cina non si sono limitati a fare questo, e stanno vincendo. Nella terza fase hanno, infatti, scoperto l’importanza del gioco d’anticipo e della ripartenza, prendendo misure ancora più drastiche. In conclusione, dopo essere stata travolta dal Covid19, la Cina lo ha battuto in meno di un mese, non soltanto inasprendo la marcatura a uomo col mantenimento di un “lockdown” severo, ma soprattutto prendendo in contropiede il virus, con la quarantena dei casi non accertati. Ma non è detto che sia l’unica strategia possibile. In Corea l’epidemia è stata domata efficientemente con un approccio che potremmo definire più “a zona”. Taiwan si è dimostrata più previdente, evitando il “lockdown” con uno schema di gioco che ricorda molto il Brasile degli anni d’oro.
Per tornare a noi, restando sulla metafora calcistica, nelle zone in cui il contagio è molto diffuso bisogna marcare il virus ancora più stretto, e giocare il più possibile in contropiede. Nelle regioni meno colpite, possiamo forse permetterci di giocare di più “a zona”. Il catenaccio è una delle nostre grandi specialità, ma contro questo virus non è abbastanza, se non lo si associa a un robusto contropiede.