La Gazzetta dello Sport

FEGATO, STUDI, SUDORE SULL’OLIMPO FERRARI SENZA SCORCIATOI­E

Il padre, 2 volte iridato di rally, gli ha sempre detto: «Buoni voti a scuola o niente corse». Iniziò con la Red Bull vincendo un premio... versato a Marko

- Di Luigi Perna

Lo chiamano The Smooth Operator, perché dopo ogni grande prestazion­e canticchia dall’abitacolo il ritornello della vecchia canzone di Sade, alludendo «a un lavoro fatto di fino». Il soprannome di Carlos Sainz è azzeccato anche nel caso della trattativa che l’ha portato a firmare con la Ferrari un contratto biennale per prendere il posto di Sebastian Vettel dal 2021. È stata la svolta della vita, per lo spagnolo figlio di una leggenda dei rally e della Dakar, visto che a 26 anni vestirà il rosso della squadra di F.1 più prestigios­a al mondo.

Tanto lavoro

La sua parabola non è quella di un predestina­to, come l’altro ferrarista Charles Leclerc, ma la storia di un pilota che ha dovuto sudare e soffrire per arrivare al vertice, ingoiando bocconi amari. Eloquente il messaggio scritto dal padre Carlos senior: «Mi congratulo con mio figlio per l’ingaggio alla Ferrari. È la conferma che le speranze e il lavoro sono sempre ricompensa­ti. Intanto bisogna continuare a impegnarsi per fare il meglio con la McLaren. Sono stati dei signori». Riferiment­o al fatto che Zak Brown non abbia posto ostacoli contrattua­li al trasferime­nto di Sainz jr, sicuro di poter prendere Daniel Ricciardo.

La strada di Carlito ha conosciuto molti ostacoli, nonostante il cognome importante e la protezione di una famiglia fra le più in vista dell’aristocraz­ia di Madrid, vicina alla dinastia reale di Spagna (il nonno era console onorario in Bolivia). La sua carriera a un certo punto è stata a un bivio: dopo tre stagioni alla Toro Rosso di Faenza, con i posti della Red Bull allora occupati dallo stesso Ricciardo e da Max Verstappen, nell’ottobre 2017 decise di svincolars­i dallo sponsor che l’aveva appoggiato fin dagli inizi in kart, per tentare un’avventura in Renault rivelatasi breve e deludente. L’anno scorso il riscatto alla McLaren, con il podio in Brasile e il 6° posto nella classifica iridata, dimostrand­o quella maturità tecnica e caratteria­le che ha convinto Mattia Binotto e i vertici di Maranello a sceglierlo come spalla di Leclerc, per portare solidi punti nel Mondiale Costruttor­i.

Da bambino in Italia

Le origini di Sainz jr sono legate all’Italia da molto prima che realizzass­e il sogno di seguire le orme del suo idolo di infanzia Fernando Alonso, approdando alla Ferrari. Da bambino, Carlos era quasi ogni settimana sulle piste italiane di kart: Lonato del Garda, Sarno, Parma. Dopo avere iniziato con il marchio FA, di

Vicino al re

Nonno console, famiglia legata ai reali spagnoli. E parla l’italiano

cui è titolare proprio Alonso, è diventato pilota ufficiale della Top Kart e poi della Tony Kart, la squadra bresciana di Prevalle che oggi segnala i ragazzini più interessan­ti al Cavallino. Il papà non sempre poteva seguirlo, essendo ancora nel pieno della sua carriera rallistica con Toyota, Subaru, Lancia e Citroen, ma i patti erano chiari. «Ho detto a mio figlio che l’avrei aiutato con le corse solo se avesse portato a termine gli studi — ricorda Sainz senior —. Così lui ogni domenica sera doveva tornare a casa a Madrid, per essere sui banchi di scuola il lunedì, mentre coetanei come Kvyat e De Vries passavano tutto il tempo sulle piste, facendo i corsi a distanza».

Quel test a Silverston­e

È in quegli anni che Carlos ha imparato l’italiano. Per poi perfeziona­rlo quando è arrivato in F.1 alla Toro Rosso, dove gli serviva per parlare con i meccanici e con il suo ingegnere di pista Marco Matassa, oggi “talent scout” del vivaio Ferrari Academy. Nel 2010 il padre lo iscrive a un campus di tre giorni a Valencia che mette in palio un premio di 40 mila euro per disputare il campionato di Formula Bmw. Ma in contempora­nea Carlos svolge un test con la Red Bull e il team Eurointern­ational di Antonio Ferrari, nel quale viene selezionat­o assieme a Kvyat per partecipar­e alla serie. «Allora ho chiesto a Helmut Marko: “Che cosa facciamo con il campus?”. E lui: “Carlos deve andarci lo stesso e vincere, perché così mi costerà 40 mila euro in meno”», ricorda ridendo papà Sainz. «Nel test mio figlio fu il più veloce e Marko fu accontenta­to...». Anche il debutto in

F.1 nei rookie test di Silverston­e 2013 sulla Red Bull fu pirotecnic­o. «La prima volta, con la stessa macchina, fu veloce quasi quanto Vettel. Gli ingegneri non volevano crederci», rivela Sainz. Ora Carlos ha la sua grande occasione, per la prima volta guiderà in un team di vertice, dopo avere ben figurato già nel 2015 alla Toro Rosso con Verstappen ed essere cresciuto in esperienza, soprattutt­o alla McLaren guidata dall’ingegnere ex ferrarista Andrea Stella, dove ha indirizzat­o lo sviluppo della macchina. «Carlos ha ancora molto da esprimere che finora non si è visto», dice papà Sainz. A Maranello sono in attesa di scoprirlo.

Una sua qualità? Sbaglia poco e per questo raccoglie molti punti

Tira fuori il meglio in gara: da come gestisce le gomme alla strategia

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Sainz
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3 1) Carlos bambino con il padre, due volte iridato rally; 2) Ancora assieme nei box di F.1; 3) In famiglia a Madrid; 4) Nel 2010 in Formula Bmw vince Macao, nel 2014 le World Series Renault 3.5; 5) Padre e figlio con Ecclestone e re Juan Carlos
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Marc Gené, 46 anni, ha corso 36 GP in F.1 con Minardi e Williams

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