«Ci manca il parrucchiere... No, i veri valori sono altri»
Borghesi racconta la malattia agli occhi e la grande paura fino al ritorno in bici. «Attenzione alle cicliste anoressiche»
Addormentarsi con qualche linea di febbre e svegliarsi senza vedere quasi nulla. È il peggiore degli incubi quello che ha vissuto Letizia Borghesi. La 21enne, trentina di Rallo, a due passi dalla Cles di Maurizio Fondriest, è stata l’unica italiana vincere una tappa del Giro d’Italia lo scorso anno e ha temuto seriamente di dover dare l’addio allo sport. Letizia, che ha scritto una lettera alla rubrica Porto Franco della Gazzetta per sensibilizzare sulla sua malattia, ora sta meglio, è tornata a pedalare sulle sue strade e guardare l’orizzonte con serenità.
3Letizia, come sta?
«Bene. Non sono ancora guarita perfettamente, continuo la mia cura di cortisone ma ci vedo molto meglio. Ho abbandonato i rulli e sono tornata ad allenarmi per strada. Senza forzare, ma è una sensazione bellissima».
3Ha avuto paura?
«Tanta. Avevo delle macchie nere sulla retina, non riconoscevo le persone, non riuscivo a studiare. I medici subito non hanno saputo dirmi se sarebbe stato reversibile. Quando hanno scoperto che si trattava di questa “Apmppe”, un virus che colpisce soprattutto donne giovani, abbiamo iniziato una cura che fortunatamente ha dato risultati». 3Momenti
come quello che ha passato aiutano a ridefinire le priorità. A lei è successo?
«Certo. Ho capito quanto è importante la salute. Non ce ne accorgiamo fino a quando non la perdiamo. Tutti a parlare di quando riaprono i parrucchieri... Io non mi preoccupavo nemmeno più della bici, degli allenamenti saltati. Del rischio di non poter più correre. E adesso invece posso pensare al futuro, ho tanti obiettivi».
3Per esempio?
«L’Olimpiade, la maglia della Nazionale. L’anno scorso, unica italiana a vincere una tappa del Giro, speravo mi avrebbero chiamata. Purtroppo non è successo, ma continuerò a impegnarmi per farcela».
3Come mai ha scelto la carriera ciclistica? Soprattutto per le donne è più la fatica che le soddisfazioni...
«Da bambina facevo atletica, e mio papà, che è stato un ottimo dilettante e andava forte in salita, sperava che continuassi con l’atletica. Lui conosceva bene la fatica, le difficoltà di questo mestiere. Ma io ho voluto andare avanti».
3E bisogna anche fare sacrifici a tavola...
«Io ne faccio pochi. Mangio bene, ma tanto. Perché poi brucio molte calorie. Ho visto troppe colleghe ammalarsi di anoressia per questo sport. Io non voglio cascarci»
3Non ha mai detto «Chi me l’ha fatto fare!»?
«No, però credo che il ciclismo femminile meriterebbe più visibilità. E anche premi più alti. La nostra fatica non vale meno di quella degli uomini. Stiamo crescendo ma si può fare ancora molto per il nostro movimento».
3Ciclista preferito?
«Mathieu Van der Poel. L’olandese mi piace perché è versatile, gareggia in diverse specialità e vince. Io mi ispiro a lui, voglio essere poliedrica. Infatti d’inverno faccio anche ciclocross».
3Che tipo di atleta è, Letizia?
«Una che ama le gare di resistenza, soprattutto le grandi classiche del Nord, La prima volte che ho partecipato al Fiandre, sul quel pavé ho pensato “questa è la mia gara”. E infatti vorrei vincerla, un giorno. Ma va bene anche la Liegi, o la Roubaix».
3Insomma, è una tipa tosta.
«Sono una donna di montagna. E adesso ho anche imparato a soffrire».
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Avevo delle macchie nere sulla retina, non riconoscevo le persone, non riuscivo a studiare
Borghesi sulla malattia
Sono una donna di montagna. E adesso ho imparato a soffrire, ho capito quanto vale la salute
Borghesi sul carattere