Ecco Julian l’innovatore: ha solo 32 anni e il suo modello è Guardiola
Oggi in campo Seguite su Sky il tecnico: il suo Lipsia affronta il Friburgo
Si comincia con cinque domande a colazione: i giocatori rispondono con una app sullo smartphone, lui raccoglie i dati, li analizza e li confronta con quelli degli allenamenti per poi tirare le somme in vista della partita. Si prosegue con un megaschermo in mezzo al campo, per permettere a chi si allena di rendersi conto in tempo reale di quello che funziona e di cosa andrà migliorato. Si finisce ben oltre il 90’, perché lasciare gli spogliatoi senza prima essersi rivisti al monitor è severamente vietato: «È l’unico momento in cui i giocatori sono pienamente ricettivi, è allora che si impara davvero». Benvenuti nel mondo di Julian Nagelsmann, l’innovatore con la faccia da bravo ragazzo e metodi da film di fantascienza: il Milan potrebbe proporgli un soggetto a budget relativamente contenuto e con un cast ancora tutto da definire. Starà a lui, se accetterà la sfida, provare a farne presto un colossal.
Prodigio da big
Del resto, andare veloce non è mai stato un problema per il 32enne bavarese che ha condotto il Lipsia nel G8 dell’Europa e che oggi, alla storica ripresa della Bundesliga (alle 15.30 c’è il Friburgo), si presenterà dall’alto dei suoi 50 punti, 5 in meno del Bayern capolista. Nagelsmann innova sempre e comunque, perché la sua stessa carriera è una
rivoluzione per tempi e modi. A 28 anni era già al timone dell’Hoffenheim e in tre stagioni è passato da una salvezza miracolosa al 3° posto. Dietmar Hopp, proprietario del club di Sinsheim, disse che per trattenerlo avrebbe dovuto clonarlo entro il 1° luglio 2019: «Le richieste aumentano a ogni vittoria». Quel luglio è passato, la Red Bull ha bussato con profitto e di Nagelsmann ce n’è ancora uno solo, perché nessun altro allenatore di prospettiva è riuscito a emergere con la sua stessa prepotenza. Il Bayern gli ha fatto gli occhi dolci, il Real lo aveva convocato per un colloquio conoscitivo ma lui rispose di non essere pronto, «non è ancora il momento». Il momento potrebbe essere il prossimo, se il progetto Milan decollerà e se l’affondo di Gazidis sarà più deciso e convinto del tentativo di due anni fa all’Arsenal per il dopoWenger.
Camaleonte
Nagelsmann è un laptop
trainer, maneggia con disinvoltura le piattaforme digitali di data-analysis care anche ai talent scout alla Moncada, ma non scopre i campioni di domani: lui valorizza il materiale che ha tra le mani. All’Hoffenheim, sotto la sua gestione sono cresciuti in tanti, dai giovani Süle e Gnabry (entrambi oggi al Bayern) ai profili con più esperienza come ad esempio
Uth. Sui social il suo nome sta scaldando i tifosi milanisti forse più di Rangnick, gli si perdona anche il soprannome di “piccolo Mourinho”. Forse perché con lui Julian dice di non avere quasi nulla in comune: «I modelli sono Guardiola e Tuchel». Un Milan in mano a Nagelsmann significa prima di tutto una squadra preparata a cambiare pelle con elasticità: difesa a 3 o a 4, trequartista con doppia punta ma anche tridente, dipende da chi hai di fronte. Perché, dice Julian, «sapere adattarsi all’avversario non è segno di debolezza, anzi».