Le richieste dei medici
Se c’è un contagio club responsabili soltanto in caso di dolo o colpa
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Il protocollo della Figc per la ripresa degli allenamenti collettivi è stato contestato due giorni fa dalla maggioranza dei club di Serie A, spinta anche dalle perplessità dei medici sociali, preoccupati da alcune delle regole imposte per la ripartenza. Adesso si va verso la modifica del protocollo, grazie anche alle indicazioni e alle richieste arrivate dagli staff sanitari delle squadre. Responsabilità dei medici in caso di positività dei giocatori, isolamento di chi ha preso il virus e non dell’intera squadra, numero di tamponi da fare a tutto il gruppo: ecco i temi sui quali si concentrano le richieste dei medici.
Il protocollo Figc dice che «per avere efficacia, le misure di “quarantena volontaria” devono essere “stringentemente” rispettate sotto la responsabilità del Medico Sociale». Vuol dire che non ci sono limiti alla responsabilità dei medici in caso di positività in squadra?
Anche se il protocollo non parla espressamente di responsabilità civile e penale dei medici, va ricordato che il Covid-19 è considerato una malattia sul lavoro, quindi medici sociali e club sono teoricamente responsabili in caso di positività di un giocatore. L’Inail, però, ieri ha alleggerito la posizione di tutti i datori di lavoro davanti al coronavirus: «È utile precisare che dal riconoscimento come infortunio sul lavoro non discende automaticamente l’accertamento della responsabilità civile o penale in capo al datore di lavoro che non abbia rispettato le norme a tutela della salute e sicurezza sul lavoro». Nel caso in cui un componente della squadra prendesse il virus, il medico e la società risponderebbero solo se le responsabilità venissero «accertate attraverso la prova del dolo o della colpa». Senza volontarietà o colpa, quindi, i medici sono salvi. Scrive sempre l’Inail: «Si deve ritenere che la molteplicità delle modalità del contagio e la mutevolezza delle prescrizioni da adottare sui luoghi di lavoro, oggetto di continuo aggiornamento da parte delle autorità in relazione all’andamento epidemiologico, rendano peraltro estremamente difficile la configurabilità della responsabilità civile e penale dei datori di lavoro». Insomma, medici e club difficilmente sarebbero responsabili in caso di nuovo contagio in squadra. La possibilità che vengano alzati i massimali delle assicurazioni per il risarcimento danni da responsabilità civile resta comunque. E in più non fare il ritiro preventivo da lunedì prossimo libererà i medici dal peso di controllare il gruppo squadra e adottare le misure di sicurezza per 24 ore al giorno.
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In caso di positività al COVID19, il protocollo dice che si dovrà provvedere «all’isolamento del soggetto interessato» e «all’isolamento fiduciario di tutto il gruppo per 14 giorni con sorveglianza attiva».
La quarantena di due settimane della squadra in caso di nuovo contagio, introdotta nel protocollo su indicazione del Comitato Tecnico Scientifico del governo, è uno degli ostacoli più grossi al completamento della stagione. Per i medici l’isolamento del solo giocatore o del componente dello staff positivo al Covid-19 sarebbe la soluzione migliore. Il ministro dello Sport Spadafora ha dato una prima apertura nella serata di ieri: in questo caso, soprattutto nelle prossime settimane, la curva dei contagi può aiutare la A.
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Il protocollo oggi prevede tamponi e test sierologici 72-96 ore prima dell’inizio degli allenamenti collettivi, altro tampone dopo 24 ore e ancora tamponi e test dopo 7-8 giorni dal via degli allenamenti. È così facile per i club fare tanti tamponi?
Per i medici resta una questione da chiarire. I tamponi, che sono a carico dei club, non devono impattare sulla disponibilità dei reagenti «in relazione ai bisogni sanitari del Paese», come dice il protocollo. Ma la ripetizione così ravvicinata nel tempo, in questa fase della pandemia, può essere un problema. Soprattutto in certe zone dell’Italia, dove la reperibilità dei reagenti per i test rimane difficoltosa. La Lombardia, che ha 4 squadre (Inter, Milan, Atalanta, Brescia), è la regione che ha più problemi. L’Inter, per esempio, ha escluso Conte dal primo giro di esami, quelli precedenti all’inizio degli allenamenti individuali: l’allenatore nerazzurro solo ieri ha fatto il tampone in vista degli allenamenti di gruppo. In futuro non potrà succedere: bisogna riconsiderare il numero di tamponi da fare.
Niente ritiri
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