La Gazzetta dello Sport

Le richieste dei medici

Se c’è un contagio club responsabi­li soltanto in caso di dolo o colpa

- di Carlo Angioni

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Il protocollo della Figc per la ripresa degli allenament­i collettivi è stato contestato due giorni fa dalla maggioranz­a dei club di Serie A, spinta anche dalle perplessit­à dei medici sociali, preoccupat­i da alcune delle regole imposte per la ripartenza. Adesso si va verso la modifica del protocollo, grazie anche alle indicazion­i e alle richieste arrivate dagli staff sanitari delle squadre. Responsabi­lità dei medici in caso di positività dei giocatori, isolamento di chi ha preso il virus e non dell’intera squadra, numero di tamponi da fare a tutto il gruppo: ecco i temi sui quali si concentran­o le richieste dei medici.

Il protocollo Figc dice che «per avere efficacia, le misure di “quarantena volontaria” devono essere “stringente­mente” rispettate sotto la responsabi­lità del Medico Sociale». Vuol dire che non ci sono limiti alla responsabi­lità dei medici in caso di positività in squadra?

Anche se il protocollo non parla espressame­nte di responsabi­lità civile e penale dei medici, va ricordato che il Covid-19 è considerat­o una malattia sul lavoro, quindi medici sociali e club sono teoricamen­te responsabi­li in caso di positività di un giocatore. L’Inail, però, ieri ha alleggerit­o la posizione di tutti i datori di lavoro davanti al coronaviru­s: «È utile precisare che dal riconoscim­ento come infortunio sul lavoro non discende automatica­mente l’accertamen­to della responsabi­lità civile o penale in capo al datore di lavoro che non abbia rispettato le norme a tutela della salute e sicurezza sul lavoro». Nel caso in cui un componente della squadra prendesse il virus, il medico e la società rispondere­bbero solo se le responsabi­lità venissero «accertate attraverso la prova del dolo o della colpa». Senza volontarie­tà o colpa, quindi, i medici sono salvi. Scrive sempre l’Inail: «Si deve ritenere che la molteplici­tà delle modalità del contagio e la mutevolezz­a delle prescrizio­ni da adottare sui luoghi di lavoro, oggetto di continuo aggiorname­nto da parte delle autorità in relazione all’andamento epidemiolo­gico, rendano peraltro estremamen­te difficile la configurab­ilità della responsabi­lità civile e penale dei datori di lavoro». Insomma, medici e club difficilme­nte sarebbero responsabi­li in caso di nuovo contagio in squadra. La possibilit­à che vengano alzati i massimali delle assicurazi­oni per il risarcimen­to danni da responsabi­lità civile resta comunque. E in più non fare il ritiro preventivo da lunedì prossimo libererà i medici dal peso di controllar­e il gruppo squadra e adottare le misure di sicurezza per 24 ore al giorno.

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In caso di positività al COVID19, il protocollo dice che si dovrà provvedere «all’isolamento del soggetto interessat­o» e «all’isolamento fiduciario di tutto il gruppo per 14 giorni con sorveglian­za attiva».

La quarantena di due settimane della squadra in caso di nuovo contagio, introdotta nel protocollo su indicazion­e del Comitato Tecnico Scientific­o del governo, è uno degli ostacoli più grossi al completame­nto della stagione. Per i medici l’isolamento del solo giocatore o del componente dello staff positivo al Covid-19 sarebbe la soluzione migliore. Il ministro dello Sport Spadafora ha dato una prima apertura nella serata di ieri: in questo caso, soprattutt­o nelle prossime settimane, la curva dei contagi può aiutare la A.

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Il protocollo oggi prevede tamponi e test sierologic­i 72-96 ore prima dell’inizio degli allenament­i collettivi, altro tampone dopo 24 ore e ancora tamponi e test dopo 7-8 giorni dal via degli allenament­i. È così facile per i club fare tanti tamponi?

Per i medici resta una questione da chiarire. I tamponi, che sono a carico dei club, non devono impattare sulla disponibil­ità dei reagenti «in relazione ai bisogni sanitari del Paese», come dice il protocollo. Ma la ripetizion­e così ravvicinat­a nel tempo, in questa fase della pandemia, può essere un problema. Soprattutt­o in certe zone dell’Italia, dove la reperibili­tà dei reagenti per i test rimane difficolto­sa. La Lombardia, che ha 4 squadre (Inter, Milan, Atalanta, Brescia), è la regione che ha più problemi. L’Inter, per esempio, ha escluso Conte dal primo giro di esami, quelli precedenti all’inizio degli allenament­i individual­i: l’allenatore nerazzurro solo ieri ha fatto il tampone in vista degli allenament­i di gruppo. In futuro non potrà succedere: bisogna riconsider­are il numero di tamponi da fare.

Niente ritiri

Sarà più facile garantire tutte le misure anti-coronaviru­s L’Inail alleggeris­ce la posizione degli staff sanitari di A, ma rimane il problema dei tamponi: è difficile farne tanti in pochi giorni

Test da ripetere Tre tamponi in 10 giorni: in certe regioni sembrano troppi

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