La Gazzetta dello Sport

Calcio no, calcio nì, calcio sì

LE CURVE CONTRO LA RIPRESA: «SENZA PUBBLICO NON C’È PALLONE»

- Di Matteo Brega e Francesco Fontana

La ripresa del campionato a porte chiuse ha portato le tifoserie organizzat­e d’Italia e non solo a manifestar­e il dissenso verso questa strada. Da Nord a Sud sono comparsi striscioni di protesta contro il calcio senza tifosi, contro gli stadi riempiti esclusivam­ente dai giocatori e non da chi incita, canta e provvede alle coreografi­e. Ecco la voce e la posizione di una componente del movimento calcio, quella che esprime la passione e il tifo puro per le venti società di Serie A

Due muri: da un lato la volontà di diverse leghe europee di riprendere i rispettivi campionati, dall’altra la posizione netta delle tifoserie organizzat­e d’Europa di non ricomincia­re. Una posizione così netta da portare alla sottoscriz­ione di un comunicato («No al calcio senza i tifosi») da parte di circa 350 gruppi organizzat­i di tutto il continente. E in Italia gli ultrà continuano a pensarla così, ovvero che non si dovrebbe riprendere a giocare senza tifosi negli stadi.

Presa di posizione

Gli striscioni che sono stati esposti negli ultimi giorni in diverse città chiedono di non riprendere. Da Bergamo a Napoli, da Roma a Lecce, passando per Genova e Torino il mondo delle curve è unito nel «no» alla riapertura dei giochi. Tra gli ultimi comparsi c’è quello del Ferraris a Genova: «Stop football» recita, firmato B.S., “Brigata Speloncia”, uno dei gruppi della Gradinata Nord del Genoa. Uno striscione che ha fatto seguito a quello che recitava «No al calcio senza tifosi» firmato “5R”. Sono esempi singoli di un movimento che si è ritrovato anche oltre i confini italiani. Nei giorni scorsi infatti un lungo comunicato sottoscrit­to da circa 350 tifoserie di tutta Europa (italiane, soprattutt­o, ma anche di Germania, Francia, Spagna, Belgio, Romania) ha riassunto il pensiero di migliaia di tifosi contrari alla ripartenza dei campionati di calcio fermati tra febbraio e marzo per l’emergenza sanitaria provocata dal coronaviru­s. Tantissime le tifoserie organizzat­e della Serie A che hanno aderito al manifesto nel quale si dice: «Il campionato non deve ripartire. No al calcio senza i tifosi. Chiediamo lo stop alle competizio­ni finché tornare allo stadio non sarà un’abitudine priva di rischi per la salute». I

Le tifoserie organizzat­e di mezza Europa si schierano In Italia tanti striscioni di protesta. Mancano gli ultrà laziali che inseguono lo scudetto...

gruppi di Atalanta, Brescia, Bologna, Genoa, Juventus, Napoli, Sampdoria, Spal e Udinese erano tra i firmatari del documento oltre a quelli di Real Madrid, Valencia, Siviglia, Marsiglia, Nantes, Metz, Bayern, Kaiserslau­tern, Stoccarda, Standard Liegi e Anderlecht. Hanno aderito anche gli ultrà italiani di basket (Bologna e Cantù, tra le altre) e di hockey (Milano).

Milano e Bergamo

Poco dopo questo comunicato europeo, si è aggiunto quello della Curva Nord dell’Inter: «Come si fa solo a pensare che possa ripartire il calcio quando è oramai assodato che per lungo tempo dovremo rispettare tutti delle regole ove il contatto fisico non è previsto?». A Bergamo

era comparso lo striscione «Il nostro dolore volete dimenticar­e. Ma senza la sua gente non ha senso tornare a giocare». Tra Curva e club di tifosi l’idea resta quella e per sostenere la squadra di Gian Piero Gasperini sono pronte bandiere e striscioni da appendere a balconi e finestre. Al Rigamonti di Brescia, altro centro molto colpito dal Covid-19, è comparso questo striscione: «Ma quale ripartenza, per noi non c’è partita. Brescia vuole rispetto per chi ha perso la vita». Al Filadelfia di Torino è spuntato«Migliaia di morti in ogni città. Ma voi pensate alla ripresa della Serie A» a cui aveva fatto seguito «Il vero virus da debellare siete voi che volete tornare a giocare».

Roma a metà

La città di Roma è spaccata tra chi non vorrebbe ricomincia­re e chi preferireb­be giocare. Nella città gialloross­a le manifestaz­ioni dei gruppi organizzat­i sono state più d’una: «Italia in emergenza sanitaria e sociale, questo campionato si deve fermare», «Non siamo complici dei vostri interessi, un calcio al pallone non cancella i decessi. Questa è la nostra mentalità, il gioco finisce qua». Nella città laziale invece gli ultrà non si sono espressi restando nella scia del club. Ovvero riprendere per provare a inseguire il sogno scudetto.

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LAPRESSE Lo scenario Una telecamera puntata verso un Meazza deserto: un’immagine che rispecchia ciò che il pubblico italiano «vedrebbe» se il campionato ripartisse a giugno

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