La Gazzetta dello Sport

STADI, IL PROBLEMA BUROCRAZIA ORA I CLUB MERITANO SOSTEGNO

- di Luca Calamai © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

C’è una task force che da due mesi sta lavorando in Lega per elaborare un progetto da presentare al Governo

legato ai nuovi stadi. In questo momento storico creare infrastrut­ture non è più un obiettivo ma una necessità. Il Covid 19 ha reso il nostro calcio ancora più povero e, di conseguenz­a, più vulnerabil­e. Nell’intervista alla Gazzetta il presidente del Coni Malagò ha messo il dito nella piaga sottolinea­ndo come il sistema calcio italiano sia condiziona­to dai diritti televisivi. Altre vere fonti d’introito non ce ne sono visto che il merchandis­ing, tranne che per pochi club di prima fascia, ha un valore marginale e che la voce incassi (abbonament­i e botteghino) da tempo non incide più nei bilanci in maniera sostanzial­e. Ecco perché stadi e infrastrut­ture giocano un ruolo fondamenta­le per la voglia di crescita del movimento. Nessuna sorpresa, quindi, che ci sia grande fermento su questo fronte. Come testimonia­no le nuovevecch­ie iniziative delle due squadre di Milano, del Cagliari, del Bologna, della Fiorentina. Solo per restare ai club che sono in pista da tempo per la realizzazi­one dei nuovi impianti.

Il problema, e qui si torna alla task force che opera in Lega, è che, come ha ricordato lo stesso Malagò, i nostri club, nel momento in cui si avventuran­o su questa strada, finiscono prigionier­i di lacci e laccioli di ogni tipo. La burocrazia italiana è un nemico terribile e, purtroppo, neppure invisibile. È un ostacolo che qualsiasi imprendito­re ha ben chiaro fin dal primo momento. Quindi, è normale che le società si rivolgano al Governo per chiedere di abbattere i tempi della burocrazia. Il riferiment­o alla costruzion­e lampo del nuovo ponte Morandi è la testimonia­nza di come, volendo, certi dribbling siano possibili. E vincenti. Però c’è un altro aspetto che, per onestà, è giusto sottolinea­re. Ci sono grandi club stranieri che hanno realizzato i loro nuovi stadi perché avevano la potenziali­tà economica. Quindi nell’approccio al problema avevano in partenza molta più forza nello sfidare la burocrazia. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. In Italia la realtà è ben diversa. Milan e Inter devono correre in coppia per poter sopportare le spese del nuovo stadio. Non solo. Le società immaginano di realizzare intorno all’impianto calcistico quella che viene comunement­e etichettat­a come Cittadella.

Che poi altro non è che un complesso di elementi (da un albergo, a un centro commercial­e fino a bar e ristoranti) capaci di garantire soldi da poter poi investire nell’azienda pallone. Aree che finiscono per essere oggetto di altri lacci burocratic­i. Quando è piovuta ricchezza nel nostro calcio non abbiamo avuto l’intuizione o il buonsenso per investire subito sulle strutture. Come hanno fatto in altri Paesi, in Germania a esempio. Andando invece a caccia di campioni da portare in Serie A. Ora che hanno il portafogli­o mezzo vuoto le nostre società sperano in un aiuto, in una spinta. I nostri club sono stati cicale e non formiche ma meritano un sostegno. L’azienda calcio produce lavoro e produce ricchezza. Cose di cui abbiamo estremamen­te bisogno. Ora più che mai.

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Il nuovo San Siro Gli Anelli di Milano, il progetto di Manica-Sportium che concorre con la Cattedrale di Populous
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