STADI, IL PROBLEMA BUROCRAZIA ORA I CLUB MERITANO SOSTEGNO
C’è una task force che da due mesi sta lavorando in Lega per elaborare un progetto da presentare al Governo
legato ai nuovi stadi. In questo momento storico creare infrastrutture non è più un obiettivo ma una necessità. Il Covid 19 ha reso il nostro calcio ancora più povero e, di conseguenza, più vulnerabile. Nell’intervista alla Gazzetta il presidente del Coni Malagò ha messo il dito nella piaga sottolineando come il sistema calcio italiano sia condizionato dai diritti televisivi. Altre vere fonti d’introito non ce ne sono visto che il merchandising, tranne che per pochi club di prima fascia, ha un valore marginale e che la voce incassi (abbonamenti e botteghino) da tempo non incide più nei bilanci in maniera sostanziale. Ecco perché stadi e infrastrutture giocano un ruolo fondamentale per la voglia di crescita del movimento. Nessuna sorpresa, quindi, che ci sia grande fermento su questo fronte. Come testimoniano le nuovevecchie iniziative delle due squadre di Milano, del Cagliari, del Bologna, della Fiorentina. Solo per restare ai club che sono in pista da tempo per la realizzazione dei nuovi impianti.
Il problema, e qui si torna alla task force che opera in Lega, è che, come ha ricordato lo stesso Malagò, i nostri club, nel momento in cui si avventurano su questa strada, finiscono prigionieri di lacci e laccioli di ogni tipo. La burocrazia italiana è un nemico terribile e, purtroppo, neppure invisibile. È un ostacolo che qualsiasi imprenditore ha ben chiaro fin dal primo momento. Quindi, è normale che le società si rivolgano al Governo per chiedere di abbattere i tempi della burocrazia. Il riferimento alla costruzione lampo del nuovo ponte Morandi è la testimonianza di come, volendo, certi dribbling siano possibili. E vincenti. Però c’è un altro aspetto che, per onestà, è giusto sottolineare. Ci sono grandi club stranieri che hanno realizzato i loro nuovi stadi perché avevano la potenzialità economica. Quindi nell’approccio al problema avevano in partenza molta più forza nello sfidare la burocrazia. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. In Italia la realtà è ben diversa. Milan e Inter devono correre in coppia per poter sopportare le spese del nuovo stadio. Non solo. Le società immaginano di realizzare intorno all’impianto calcistico quella che viene comunemente etichettata come Cittadella.
Che poi altro non è che un complesso di elementi (da un albergo, a un centro commerciale fino a bar e ristoranti) capaci di garantire soldi da poter poi investire nell’azienda pallone. Aree che finiscono per essere oggetto di altri lacci burocratici. Quando è piovuta ricchezza nel nostro calcio non abbiamo avuto l’intuizione o il buonsenso per investire subito sulle strutture. Come hanno fatto in altri Paesi, in Germania a esempio. Andando invece a caccia di campioni da portare in Serie A. Ora che hanno il portafoglio mezzo vuoto le nostre società sperano in un aiuto, in una spinta. I nostri club sono stati cicale e non formiche ma meritano un sostegno. L’azienda calcio produce lavoro e produce ricchezza. Cose di cui abbiamo estremamente bisogno. Ora più che mai.