La Gazzetta dello Sport

Coppi, le ostriche e la maledizion­e del venerdì

Il 21 maggio 1954 il Campioniss­imo prese la rosa ma digerì male la cena. E pensare che il fido Cavanna lo aveva avvertito...

- Di Andrea Schianchi

Il vecchio Biagio Cavanna glielo aveva detto: «Ragazzi, attenti: oggi è venerdì e lo sapete che di Venere e di Marte non ci si sposa, non si parte e non si dà principio all’arte». Fausto Coppi, a quell’ammoniment­o del suo massaggiat­ore, aveva sorriso, come si sorride alle stramberie degli anziani che ovunque vedono pericoli. Così, la mattina presto, era uscito dall’albergo di Palermo assieme al compagno Carrea per una sgambata sul circuito del Monte Pellegrino che di lì a poco sarebbe stato il teatro del prologo del Giro: una cronosquad­re. All’improvviso da una strada laterale sbucò una motociclet­ta che investì Carrea. Il motociclis­ta si premurò di discolpars­i, «io non c’entro», e allora Coppi gli assestò un paio di ceffoni. Dopo 2’ ritornò la calma, e Coppi e Carrea rientraron­o in albergo. Il vecchio Cavanna disse: «E’ venerdì, che cosa vi avevo detto?». La gara fu un’imperiale cavalcata. Carrea, ristabilit­o, e gli altri compagni non fecero che seguire Coppi e alla fine si piazzarono al primo posto. Fausto, in qualità di capitano, salì sul podio e indossò la rosa. Poi fece segno a tutti di rientrare in albergo: si faceva festa. A tavola, lui sempre così parsimonio­so, si fece servire un piatto di ostriche e, prima di salire in camera, si avvicinò a Cavanna e gli disse: «Era venerdì, ma è andato tutto bene, no?». «La giornata non è ancora finita» gli rispose il massaggiat­ore. Per tutta la notte Coppi patì incredibil­i dolori di stomaco, la mattina si svegliò distrutto, si presentò al via della tappa, ma sul traguardo arrivò con 11’29” di ritardo, e dovette sfilarsi la rosa: l’ultima della carriera. Tutta colpa delle ostriche, e forse pure del maledetto venerdì.

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