I PERICOLI DELLA MOVIDA ALTOLÀ DEL GOVERNO «PIÙ CONTROLLI E MULTE» I CONTAGI CALANO ANCORA
Le foto degli aperitivi, Conte avverte: «L’emergenza non è finita» Rabbia di sindaci e governatori. Ieri numero di positivi al minimo E gli studi confermano: «Il virus al Nord circolava già a gennaio»
1 Convivere con il coronavirus non significa far finta che il virus non ci sia più. Abbiamo visto quelle immagini, con migliaia di giovani che in tutte le città, da Milano a Palermo, dal Veneto alla Puglia, da lunedì scorso hanno ripreso a incontrarsi davanti ai bar, per chiacchierate e aperitivi. E la preoccupazione per una recrudescenza dei contagi da Covid è stata ribadita ieri anche dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che oggi terrà in Parlamento l’informativa sull’emergenza, già slittata martedì. Gli affollamenti davanti ai locali non sono consentiti in questa “fase 2”, quella della convivenza con il virus, non si può rischiare una nuova impennata dei casi. «Tutti abbiamo avuto un grande senso di responsabilità. Ognuno ha fatto il suo e sta facendo il suo… Però non è finita, chiariamolo. La curva epidemiologica è sotto controllo ma non è tempo di party, non è il tempo della movida. Altrimenti la curva risale…», ha detto il premier, rispondendo ad una signora che lo ha avvicinato all’uscita dal Senato. Poi Conte ha aggiunto: «Sono saltate le autocertificazioni, ma nessuno pensi che sono saltate tutte le regole di precauzione». D’altronde, sbagliare adesso sarebbe imperdonabile. «Abbiamo vinto la prima battaglia con il virus. L’indice di contagiosità R con 0 è passato da 3,5-4 a 0,5. Da questo patrimonio ora ripartiamo», ha detto il ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia in audizione alla Camera.
2 Nuovi controlli contro la movida irresponsabile.
Il presidente del Veneto, Luca Zaia, ha annunciato uno spot «con le regole da seguire per gli happy hour», per chiarire le conseguenze se non si portano le mascherine e se non si evitano gli assembramenti. «Ho ricevuto una miriade di messaggi e video di violazioni, inviati per il 90% da giovani, che chiedono di fare qualcosa», ha detto Zaia. Anche il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, ha rinnovato l’invito a indossare la mascherina: «I nuovi cluster di contagio sono le relazioni negli appartamenti e con gli amici». E Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell’Anci, a nome dell’associazione dei sindaci ha espresso «la preoccupazione per gli assembramenti che si vedono ovunque». E proprio ieri il capo della Polizia, Franco Gabrielli, ha inviato una circolare ai questori di tutta Italia, con cui, «alla luce del graduale riavvio delle attività economiche e di un progressivo riassetto della vita sociale», si richiama l’attenzione dei questori ad assicurare «il rispetto del divieto di assembramenti e di aggregazioni di persone e l’osservanza delle misure del distanziamento sociale». Si rischiano maxi sanzioni da 400 a 3 mila euro.
3 Essere responsabili, in questi giorni, ci permetterà di spostarci dal 3 giugno. L’Italia dal 3 giugno riaprirà le frontiere con i Paesi dell’Ue, consentendo l’arrivo (o il ritorno) senza giustificazione e senza dover fare la quarantena. Il ministro dei Trasporti, Paola De Micheli, ha anche annunciato per quella data la riapertura di tutti gli aeroporti italiani, anche per risollevare il turismo. Il governo ha anche annunciato il ritorno alla mobilità tra le Regioni, «ma a condizione che si rispettino i dati del monitoraggio: se una regione è ad alto rischio, è evidente che non può partecipare alla mobilità interregionale», ha detto ancora il ministro Boccia. Anche per questo, i dati sulla curva dei contagi diventano sempre più importanti.
4 I segnali continuano a essere rassicuranti.
Per ora non c’è stato il paventato incremento dei contagi, dopo le prime riaperture del 4 maggio, i cui effetti si sarebbero visti in questi giorni. I 67.195 tamponi effettuati nelle ultime ore hanno rivelato 665 nuovi positivi. Per la prima volta il rapporto tamponi/positivi è sotto l’1%. C’è anche da sottolineare che due terzi dei contagi (il 67%) si riferiscono a Lombardia e Piemonte. Altri 161 morti nelle ultime 24 ore (totale a 32.330), ma in otto Regioni non si segnalano decessi. I 2.881 guariti e dimessi portano a 132.282 il dato di chi ha sconfitto l’infezione. Ancora
buone notizie dagli ospedali, dove calano i ricoveri in terapia intensiva (-40, ora sono 676). Buone notizie anche dalla Lombardia, dove i nuovi positivi sono 294. “Solo” 48 nuovi casi nel Milanese, 8 nel capoluogo. E in attesa della app Immuni, Apple e Google hanno annunciato di avere rilasciato la tecnologia per smartphone che permetterà l’elaborazione di app in grado di avvisare automaticamente le persone esposte al coronavirus.
5 Il virus circolava al Nord prima del caso-Codogno.
Il nuovo coronavirus circolava a Milano diverse settimane prima di quel 21 febbraio, quando all’ospedale di Codogno, nel Lodigiano, risultò positivo Mattia, il “paziente 1”. Già prima dell’epidemia, infatti, un donatore di sangue su 20 (il 4,6%) aveva già sviluppato gli anticorpi, percentuale salita al 7,1% ai primi di aprile. A dirlo è uno studio sui donatori di sangue del Policlinico di Milano, pubblicato su
MedRxiv, sito che ospita lavori non ancora rivisti dalla comunità scientifica. Si tratta della «prima vera conferma scientifica che nell’area metropolitana di Milano era presente un sommerso di persone contagiate, già prima che si verificassero i primi casi conclamati. È anche il primo studio sierologico su persone asintomatiche che ci dice che siamo ben lontani dall’immunità di gregge», spiega Daniele Prati, uno dei coordinatori dello studio. I ricercatori hanno esaminato circa 800 donatori di sangue sani, presentatisi al Policlinico tra il 24 febbraio e l’8 aprile. All’inizio dell’epidemia la sieroprevalenza era nel 4,6% dei donatori, cioè una persona su 20 era già venuta in contatto con il coronavirus. Durante il distanziamento sociale c’è stato un aumento fino al 7,1%. E un altro studio, dell’Università di Parma, il 26 febbraio per la prima volta ha isolato il coronavirus in un neonato di 7 settimane, infettatosi almeno a metà febbraio. Quando il virus circolava già al Nord, senza che ne fossimo consapevoli.