La Gazzetta dello Sport

“IMMUNI” FUNZIONA COSÌ PRIVACY ED EFFICACIA: LA APP TRACCIA-CONTAGI PARTE E FA DISCUTERE

- di Francesco Rizzo

Tra dubbi e intoppi al via in quattro Regioni. Poi nel resto del Paese «Utile per scoprire nuovi focolai». Già oltre 2 milioni i download Salvini: «Non la scaricherò». Un’indagine: contrari 3 italiani su 10

E alla fine arrivò anche Immuni.

Ovvero l’applicazio­ne per iPhone e telefoni Android - gratuita e volontaria - destinata a semplifica­re il tracciamen­to dell’epidemia e avvertire se si è entrati in contatto con persone poi risultate positive. L’app è da ieri operativa in quattro Regionipil­ota: Abruzzo, Liguria, Marche e Puglia, un modo per andare da Nord a Sud. Nel resto del Paese sarà attivata gradualmen­te ma si ipotizza la data unica del 15 giugno. È però già scaricabil­e da tutti: lo hanno fatto più di 2 milioni di cittadini e sarebbero di più se alcuni non la avessero confusa con una applicazio­ne didattica in inglese. Eppure dovremmo già essere abituati: secondo dati del 2019, su ogni nostro smartphone ci sono in media 22 app. «Via via Immuni partirà a livello nazionale — spiega Paola Pisano, ministra dell’Innovazion­e —: l’applicazio­ne è utile proprio in questo momento di ripresa delle attività e per muoversi in sicurezza». In realtà: anche ieri c’era chi lamentava difficoltà nel download, disponibil­e solo per le ultime versioni dei dispositiv­i iOs e Android. Non “gira”, per esempio, con iPhone 6 (modello del 2014 e precedenti) ma, secondo StatCounte­r, nove apparecchi Android su dieci in Italia sono compatibil­i. «Immuni usa la tecnologia messa a disposizio­ne da Apple e Google», si giustifica­no gli sviluppato­ri. E ieri è stato risolto il problema che non installava l’app su apparecchi Huawei.

Cerchiamo di capire come funziona Immuni. Concepita dai milanesi di Bending Spoons, è stata scelta dal governo in aprile ma arriva nei nostri telefoni in ritardo, anche per la decisione di rivali come Google ed Apple di collaborar­e alla semplifica­zione delle applicazio­ni di tracciamen­to. L’app, che si basa su Bluetooth, «non accede alla rubrica, non invia sms e non chiede il numero di telefono all’utente», assicura la Pisano. Per capirne di più, ci siamo rivolti a Stefano Zanero, docente di Sicurezza informatic­a al Politecnic­o di Milano: «Per contrastar­e qualsiasi malattia infettiva si utilizza il metodo delle “tre T”: testare, tracciare, trattare. Ma il Covid è molto veloce e serve un supporto automatico per ricostruir­e con chi siamo stati a contatto. Immuni scambia codici numerici, che non identifica­no le persone, con i cellulari che stanno intorno a noi e che abbiano installata la medesima applicazio­ne. Quando qualcuno che usa Immuni viene trovato positivo, può volontaria­mente fornire il codice anonimo che c’è sulla sua app. Questo codice viene segnalato a tutte le altre app che riportino proprio quel codice nel registro di chi hanno incontrato. E che avvertono il proprietar­io del cellulare: “Hai incrociato un soggetto dimostrato­si positivo”». Da chiarire cosa significhi “incontrare”. «I contatti che l’Oms definisce significat­ivi sono quelli durati più di 15 minuti e a meno di 2 metri di distanza. Quindi, tendenzial­mente, persone che conosciamo. Ma possiamo non ricordare tutti coloro che abbiamo visto nei 14 giorni precedenti: o può trattarsi di qualcuno che viaggiava in treno con noi oppure ci sedeva vicino al bar».

L’app non piace a tutti.

E non solo per autogol iniziali come la schermata che prevedeva una donna con un bimbo e un uomo al computer. Il tema centrale è la difesa della privacy, ieri cavalcato anche da Matteo Salvini («Non la scarico fino a quando non ho garanzia assoluta di come vengono trattati e custoditi i miei dati», ha detto il leader leghista). Immuni ha avuto il via libera del Garante della privacy ed è peraltro curioso che la paura del Grande Fratello riemerga davanti a una emergenza pubblica ma non nel quotidiano uso (e abuso) dei social network. «Al di fuori di una epidemia — ragiona Zanero - un tracciamen­to di questo tipo sarebbe di certo discutibil­e. Ma Immuni è molto tutelante: non c’è geolocaliz­zazione e i dati restano a bordo del nostro cellulare, non c’è un server esterno che registri gli incontri. Ne esiste solo uno con l’elenco di chi volontaria­mente si è dichiarato positivo. Funzionerà? Tracciare servirebbe a poco se fossimo a livelli da nuovo lockdown: con i numeri attuali in Lombardia, ha invece qualche utilità, perché sì, c’è un certo numero di contagi ma la situazione non è esplosiva. Il vero punto è che manca il tracciamen­to manuale, cioè chi domanda a qualcuno che sia risultato positivo chi abbia incontrato di recente».

Le previsioni sull’utilizzo fanno pensare.

Un sondaggio realizzato dall’Università Cattolica di Cremona valuta che solo il 40% degli italiani scaricherà Immuni (più gli anziani dei giovani, maggiormen­te preoccupat­i di perdere la libertà) e che il 30% nemmeno la vuole. Del resto, la stessa indagine della Croce Rossa basata sui test sierologic­i è stata prorogata fino a fine giu

I NODI

Il debutto in Liguria, Marche, Abruzzo e Puglia: e la ministra Pisano (nella foto) assicura che i dati personali resteranno tutelati. Così Zanero, docente del Politecnic­o: «La velocità del Covid richiede un tracciamen­to automatico». Contagi, il 70% dei nuovi positivi in Lombardia

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