Da «osso di prosciutto» a campione Vergani scopre Coppi al Giro del 1940
Da «osso di prosciutto» a «campione»: la metamorfosi si compie in dodici giorni, dal 29 maggio al 9 giugno del 1940. Proprio ottant’anni fa Fausto Coppi giunge in maglia rosa sul circuito dell’Arena di Milano, conquista il suo primo Giro d’Italia ed entra nel Giardino degli Eroi. Alla partenza era uno sconosciuto ventenne di cui non risulta traccia nelle cronache, all’arrivo viene acclamato come il nuovo fenomeno. Orio Vergani, che per il Corriere della Sera segue la carovana e negli anni a venire diventerà il cantore di Coppi, s’inchina al vincitore, lo elogia con sincerità, ma senza omettere una distaccata prudenza: «Si vedrà se egli diventerà un grande campione». La gloria per quel primo successo durerà ventiquattr’ore, tante ne trascorrono dal trionfo alla notizia dell’entrata in guerra dell’Italia, annunciata lunedì 10 giugno 1940 da Benito Mussolini, e tutto, da allora, cambierà senso e prospettiva. La penna di Vergani incontra Coppi mercoledì 29 maggio 1940, nell’undicesima tappa. La fuga sull’Abetone e l’arrivo in solitaria rifilando un abbondante distacco, oltre a stravolgere la classifica, fa sgranare gli occhi. «Un ragazzo segaligno, magro come un osso di prosciutto di montagna, ha vinto la Firenze-Modena attraversando l’Appennino sotto la pioggia diluviale e arrivando sul traguardo con oltre quattro minuti di vantaggio. Arruolata nella squadra di Bartali con ruolo di modesto aiutante, la recluta
Fausto Coppi ha conquistato la maglia rosa». Il giorno successivo la carovana si trasferisce da Modena a Ferrara e Vergani, annotando un guasto alla bici di Coppi, aggiunge qualche particolare. Lo definisce «pivello» e riferisce che, prima di correre, faceva «il garzone salumaio». Ma è sabato 1 giugno che, viste le difficoltà di Bartali, ci si domanda: «E’ sorto, col ventenne Fausto Coppi, soldato del 37° fanteria, il grande atleta della nuova generazione ciclistica?».
La risposta arriva a Trieste nel giorno di riposo. Vergani ha già spiegato, dopo la quindicesima tappa, che «il giovane tortonese può essere attaccato e battuto se l’assalto è portato con decisione», ma ora usa per lui il termine «rivelazione» e dice che è diventato il capitano con la benedizione di Bartali. Il quale si scatena sulle montagne, da Pieve di Cadore a Ortisei, ma Coppi è la sua ombra, non lo molla di un centimetro e i due arrivano assieme al traguardo. Vergani ammette di aver assistito a una meravigliosa recita nella quale si sono esibiti «il maestro e l’allievo». Dall’anonimato alla nomina ad «allievo» in una sola settimana, dunque. Il 9 giugno 1940, finalmente, Vergani lo incorona «campione», e «quando il pubblico avrà trovato un aggettivo per Coppi, o, meglio, un soprannome, allora il ragazzo di Tortona sarà qualcuno, nel mare della folla». Destino vuole che, anni dopo, a trovargli quel soprannome sia proprio Orio Vergani che lo definirà il Grande Airone.