Porte più aperte È quasi record: 2,99 gol a partita
SI SEGNANO QUASI TRE RETI A PARTITA IL CAMBIO DI MENTALITÀ FA LA DIFFERENZA Premier e Liga sono staccate, la ricerca del gioco genera occasioni insieme al boom di rigori. Ma occhio agli errori in fase difensiva
Non era un anno normale, non poteva esserlo. Il calcio italiano aveva appena perso il Grande Torino, un’enorme malinconia avvolgeva il pallone, la Serie A 1949-50 aveva un compito particolare e non scontato: far tornare il sorriso ai tifosi. E quel campionato fece le cose in grande: la Juve vinse lo scudetto dopo quindici anni di attesa; Gunner Nordahl, meraviglioso centravanti del Milan, conquistò il titolo di capocannoniere con 35 reti; sulle panchine di Triestina, Padova e Pro Patria c’erano personaggi leggendari come Nereo Rocco, Béla Guttmann e Giuseppe Meazza; uno dei due derby della Madonnina finì 6-5 per l’Inter. La Serie A era a venti squadre e furono segnati complessivamente 1.265 gol per una media di 3,33 a partita: il record storico del nostro calcio. Che adesso, per la prima volta da quei tempi, rischia di essere almeno avvicinato. La Serie A 2019-20 sta veleggiando a una media di 2,99 gol a incontro e chissà che nelle ultime nove giornate non si riesca a superare il muro delle 3 reti a match, mai più abbattuto dal 1950-51 (3,14).
Verso il muro del 3
Nella giornata numero 28 sono stati segnati 40 gol, nel turno che si è chiuso giovedì sera siamo arrivati a 35. Insomma, il campionato che era il regno delle difese e rappresentava il corso di laurea per gli attaccanti che arrivavano dall’estero si sta trasformando nella fiera del gol. Per adesso la media è superiore a quella della stagione di grazia 2016-17, quando non soltanto si chiuse a quota 2,96 reti a partita (migliore prestazione dal 195051), ma la Serie A era stato addirittura il top-campionato europeo più prolifico. Nel 2019-20 la Bundesliga resta inavvicinabile (media-gol pari a 3,21), ma Premier (2,70) e Liga (2,50) sono staccate abbastanza nettamente. E la proiezione a fine campionato dà un totale di 1.135 gol. Per
il boom di spiegare reti, nel 1949-50 come adesso, va considerato anche l’alto numero di rigori: erano un record i 140 (di cui 97 trasformati) in 380 partite settant’anni fa, sono un record i 142 (di cui 118 realizzati) nelle prime 290 gare di questo campionato.
I gol sono la festa del calcio e naturalmente non potremo mai lamentarci di un’abbondanza di esultanze. Però ci sono reti che ti restano negli occhi per la bellezza delle conclusioni (i tre della Juve a Marassi
con il Genoa), per l’efficacia e la spettacolarità delle azioni (scegliete a caso nella collezione dell’Atalanta), per la rapidità delle combinazioni (la Lazio potrebbe scrivere un trattato, ma anche l’Inter ha prodotto alcune gemme) ed altre che, pur apprezzando il gesto tecnico del marcatore, evidenziano la scarsa attenzione delle difese: la doppietta di Dzeko alla Sampdoria è spettacolare per le esecuzioni della punta della Roma ma anche sconcertante per l’assoluta contemplazione dei blucerchiati. E la rete di Bastoni al
Parma sarà mostrata nei settori giovanili per spiegare come non bisogna difendere in area piccola. Sugli errori, comunque, c’è ampio margine di intervento in allenamento. Ciò che più va sottolineato è il cambio di mentalità che sta caratterizzando il calcio italiano. Anche se le statistiche ribadiscono che la strada più sicura per arrivare alla vittoria è non prendere gol, la Serie A ha chiaramente preso un’altra direzione.
Laboratorio
Il nostro campionato sta diventando un laboratorio di idee dove le eccellenze formate a Coverciano cercano di innovare, possibilmente senza rinunciare al risultato: De Zerbi e Liverani, tanto per fare due esempi, stanno seminando e qualcosa prima o poi germoglierà (il Sassuolo, ovviamente, è un progetto consolidato rispetto al Lecce). Gasperini ha dato un’impronta che resterà per anni. E la Juve si è affidata a Sarri per aggiungere un’idea più offensiva e moderna alle sue certezze. Il segreto, in fondo, è proprio quello: costruire senza perdere le distanze, attaccare riuscendo a difendere magari in avanti. Non a caso la Juve più solida dell’anno è sembrata quella delle ultime tre partite, in cui ha segnato tantissimo subendo quasi nulla. Equilibrio: la parola magica è sempre quella.