La Gazzetta dello Sport

DI FELICE, DAI GOBI ALLO STELVIO «LE SALITE SIMBOLO DI RINASCITA»

- Di Francesco Ceniti

Il romano a marzo ha attraversa­to il deserto in Mongolia: nessuno c’era riuscito Ora tenta una nuova impresa: in una settimana 22 passi lungo il confine italiano

Un funambolo, in bici, sulle Alpi. Da est a ovest: 1628 chilometri, oltre 36 mila metri di dislivello e 22 salite mito da superare in 7 tappe, dormendo all’aperto con le stelle a far da tetto. Un’impresa estrema, di quelle che piacciono tanto a Omar di Felice. È lui il funambolo che mercoledì prossimo partirà da Muggia (a due passi da Trieste), si lascerà alle spalle il mare e punterà dritto verso le montagne, percorrend­o un’ideale linea di confine che lo porterà a Ventimigli­a, dall’altra parte dell’Italia. Non male, neppure per uno che in sella alle due ruote ha battuto l’inverno canadese, ha raggiunto Capo Nord, ha tagliato in due l’Alaska incurante delle bufere di neve e ha da poco attraversa­to l’inospitale deserto dei Gobi,

► Di Felice, l’imprevisto è il suo mestiere, ma una pandemia... «Beh, quella non l’avevo considerat­a... E comunque mi è andata bene: sono riuscito a partire poco prima della scoperta dei primi casi italiani. Una volta arrivato nella capitale Ulan Bator, sono rimasto in isolamento per un po’ di giorni, poi ho fatto la traversata. Ma a fine marzo era impossibil­e rientrare. C’è il lato buono della vicenda: in Mongolia i contagiati erano in tutto una trentina. La vita era normale, ho continuato ad allenarmi in bici. Ho messo piede a Roma il 3 maggio: 24 ore dopo è caduto il divieto agli sport individual­i. Meglio di così...».

►Ed è tornato con lo “scalpo” dei Gobi: nessuno l’aveva mai percorso in inverno.

«Forse è stata la mia impresa più estrema. Tante difficoltà incontrate, più il rischio stop per il virus. Le autorità locali mi controllav­ano la febbre ogni due o tre giorni. E poi c’è stato un momento in cui ho pensato di mollare: una notte molto rigida ho accettato l’ospitalità di una famiglia nomade. Questo implicava mangiare con loro. Non potevo dire di no, sarei stato indelicato. Il cibo era carne di yak poco cotta e latte di cammello. Ho vomitato per ore: alla mattina ero svuotato di ogni energia. Stavo per fermarmi e chiamare i soccorsi, ma lì è scattato qualcosa dentro di me. Il ciclista estremo ha avuto la meglio e sono andato avanti. Per fortuna».

►Dopo tutto questo non trova di meglio che ripartire per un’altra fatica. Come mai?

«A causa del virus non ci saranno le gare estreme che d’estate sono il mio obiettivo. Si parla tanto di ripartenza in Europa e così mi è venuto in mente di seguire la linea di confine delle Alpi, come fosse un simbolo di rinascita. Le montagne sono sinonimo di grandi sfide, anche in bici. Ho inserito dei passi e delle salite che hanno fatto la storia del ciclismo e del Giro d’Italia. Penso a Zoncolan, Tre Cime di Lavaredo, Stelvio, Colle delle Finestre, Sestriere, Agnello, Fauniera. E quindi Bartali, Coppi, Merckx, Gimondi... fino a Pantani, il mio mito, quello che mi ha ammaliato quando ero bimbo».

►Quanto tempo pensa di metterci?

«Il meno possibile: dormirò poche ore, nella tenda che mi porto dietro o nei rifugi di montagna. E poi sveglia alle 4, per sfruttare ogni raggio di sole».

►Il peso del suo bagaglio? «Poco, molto poco. Mi porto dietro giusto l’essenziale. Qualche ricambio e indumenti tecnici, cibo e acqua li prenderò strada facendo».

►Sarà da solo?

«Certo, la sfida è questa. Ma lascerò la traccia del percorso sui social, così chi vuole pedalare con me sa dove trovarmi. Ma va bene anche un applauso lungo la strada».

► Non ha paura? La morte della compagna di Velo e l’incidente di Zanardi hanno scosso tutti... «Quando ho saputo della notizia, mi si è gelato il sangue. E anche prima per Alex: lui è unico, un esempio incredibil­e di forza e volontà. Il timore c’è sempre quando si pedala in strada. Ma sono fatalista: stavo per morire a un chilometro da casa, investito da un guidatore distratto. Il problema esiste: ciclisti e automobili­sti dovrebbero imparare a rispettars­i reciprocam­ente. Inutile e dannoso mandarsi a quel paese...».

Scalerò Zoncolan, Finestre, Sestriere, Fauniera,.. Ascese dove si è scritta la storia del Giro

Di Felice sul percorso

Quando ho saputo di Alex mi si è gelato il sangue. E’ un esempio incredibil­e di forza e volontà

Di Felice su Zanardi

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Senza limiti Omar Di Felice, 38 anni, specialist­a in avventure estreme
un’avventura nell’avventura: Omar prima di poter rientrare a Roma (dove è nato e abita) a causa del lockdown è rimasto “prigionier­o” in Mongolia per diverse settimane. Senza limiti Omar Di Felice, 38 anni, specialist­a in avventure estreme

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