BLACKOUT JUVE ANCHE I BIG IN DISCUSSIONE
TROPPE AMNESIE ED ERRORI SONO DIFETTI NON DA JUVE ANCHE I BIG IN DISCUSSIONE
Il blackout alla Juventus è incostituzionale. Nel calcio non c’è nulla di meno juventino di una squadra che spegne la luce e smette di giocare per cinque, dieci, venti o trenta minuti. La Juve è la squadra della resistenza, concede poco e quando conta punisce. Eppure... Eppure la prima Juve di Sarri soffre di sindrome da passaggio a vuoto, come martedì contro il Milan: da 2-0 a 2-3 in meno di sei giri di orologio. Non serviva un esempio per confermare che questa Juve è lontana dalla sua tradizione – del resto, chi è più lontano di Sarri dalla storia della Juve? – ma Ibrahimovic, Kessie, Leao e Rebic hanno dato una dimostrazione pratica e lanciato un allarme per il futuro. L’oroscopo della Juventus dice Atalanta in avvicinamento, sabato allo Stadium, e Champions League all’orizzonte. Non esistono un’avversaria e un contesto in cui sia più pericoloso perdere la testa per dieci minuti.
Quattro esempi
L’abbassamento di tensione nella stagione bianconera non è un inedito. Qua e là si trovano danni alla rete elettrica. Il primo, ininfluente, alla prima partita importante, contro il Napoli: ottima Juve per un’ora, poi via la luce e rimonta di Ancelotti da 3-0 a 3-3. L’autogol di Koulibaly cancellò il problema in classifica ma non nella testa. Meno di venti giorni dopo, infatti, rieccolo: la Juve va avanti di due gol a Madrid con l’Atletico ma si fa rimontare con due gol da palla inattiva negli ultimi 20 minuti. Da allora, la questione è rimasta sul tavolo. La Juventus ha vinto tante partite e fatto tanti punti – sono 75 in 31 partite – ma rispetto al passato ha avuto più momenti di sbandamento. Qualche esempio. Inizio dicembre, a Roma con la Lazio: Sarri parte bene ma non concretizza la superiorità, poi Cuadrado si fa espellere e la neve che si sgretola in lontananza diventa una valanga. Finale:
3-1 per Simone Inzaghi. Febbraio, a Verona: la Juve va avanti con il solito gol di Ronaldo, poi Bentancur fa un colpo di tacco dove i colpi di tacco non si fanno – nella sua trequarti –, Pjanic complica la situazione e il Verona pareggia con Borini. Dieci minuti dopo sarebbe arrivato il 2-1 di Pazzini su rigore.
Un nome: Chiellini
Sarri ora deve capire che cosa fare per evitare nuovi blackout ad agosto, quando vedrà Aouar a Torino e forse farà altri brutti incontri – Messi, Icardi, Lewandowski, magari uno tra Aguero e Benzema – a Lisbona. Un anno fa la risposta avrebbe avuto un nome: Giorgio Chiellini, custode dell’attenzione difensiva e leader vocale riconosciuto da tutta la squadra. Ora, con De Ligt e Bonucci che non prendono quasi mai gol, le gerarchie sono meno chiare e il ritorno di Matthijs diventa il primo passo per riportare le basi della solidità. La questione però come sempre è di squadra e mentale. Molto oltre i singoli, conta la soglia di attenzione
generale. Per questo, non è escluso che i quattro gol del Milan abbiano un lato positivo.
La via per Lisbona
La Juve si giocherà la stagione in un mese e mezzo. In campionato, è ancora decisamente favorita: giocando ogni quattro giorni, staccare la spina per 20 minuti può essere fisiologico. In Champions no, però ha individualità per giocarsela con tutti, soprattutto in un contesto pazzo come una Final Eight. Se Sarri riuscisse a evitare cali di tensione, la Juve tornerebbe solida come da tradizione e questo, più di tutto, dà fastidio alle grandi europee. Ricordarsi del Milan contro il Lione e ancora più avanti, dai quarti di Champions, vorrebbe dire alzare il vecchio muro davanti a Szczesny e guardare lontano, verso Ronaldo e Dybala, chiedendo a loro di completare il lavoro. Quei due hanno il talento per illuminare tutta Lisbona a giorno.