UN LEADER NON FA COSÌ
Per capire la gravità delle affermazioni di Antonio Conte nei confronti dell’Inter e del danno di immagine procuratole, basta ricordare che sull’altra sponda di Milano, quella rossonera, Zvone Boban è stato licenziato per aver detto molto meno...
Per capire la gravità delle affermazioni di Antonio Conte nei confronti dell’Inter e del danno di immagine procuratole, basta ricordare che sull’altra sponda di Milano, quella rossonera, Zvone Boban è stato licenziato per aver detto molto meno. Nonostante la forte irritazione, però, l’intenzione del club nerazzurro è di proseguire il matrimonio con il suo tecnico, visti anche i risultati di quest’anno. Ma dipenderà più da Antonio e dai suoi atteggiamenti che dalla società, da tempo in modalità “sopportazione” per le sue continue uscite polemiche. Quella pesantissima di sabato infatti è solo l’ultima di una lunga serie di critiche. Tra le tante precedenti ricordiamo «Quando in Lega hanno rifatto i calendari, i nostri dirigenti erano usciti…». Ma a tutto c’è un limite. O, per dirla con il gioco di parole di un altro Antonio più famoso, il principe De Curtis in arte Totò, «ogni limite ha una pazienza». E la società adesso pare davvero stufa di essere pubblicamente sculacciata da un tecnico, bravissimo sul campo, ma che sembra aver dimenticato il perimetro del proprio ruolo. Un qualsiasi dipendente, infatti, anche il più importante come lui, può chiedere, spronare e infine decidere il suo futuro: restare, se è soddisfatto e a proprio agio, o dimettersi se non condivide strategie e progetti. Ma in nessun caso può permettersi di offendere il club, la proprietà, i dirigenti. Perché è Conte a lavorare per l’Inter, non l’Inter a lavorare per Conte. Un grande allenatore deve essere, per il ruolo che ricopre, anche un leader. E un leader non crea spaccature interne in diretta tv. Condivide i meriti, non li rende patrimonio esclusivo suo e dei giocatori, i quali fino a prova contraria sono stati acquistati e vengono retribuiti dalla società e non dall’allenatore che pure li ha chiesti e ottenuti. Un vero leader i panni sporchi non li mette ogni settimana in piazza facendo volare gli stracci, rovinando i momenti che dovrebbero essere felici per il club. Men che meno se è pure strapagato per svolgere il suo lavoro. Lo status di tecnico da top club non si misura soltanto dall’ingaggio e dalle vittorie, ma anche dalla capacità di gestire i momenti e remare insieme alla società. E in questo Conte mostra dei limiti. Non a caso la sua carriera, oltre ai successi, racconta di rapporti portati a logoramento e terminati quasi sempre in modo brusco. È stato così nelle serie minori ed è proseguito alla Juve (mai digerita la sua battuta sulla Champions «ristorante dove non si mangia con 10 euro»), in Nazionale, al Chelsea (licenziamento e rapporto finito in tribunale) e ora all’Inter. Eppure dovrebbe esserci di peggio per un tecnico che avere come presidenti Agnelli, Abramovich, Suning o la Federazione quattro volte campione del Mondo.
Adrenalina, voglia di vincere, ambizione: le qualità che tutti riconoscono a Conte sembrano portarlo a un certo punto fuori giri. La considerazione di sé straborda: «Io ho una visione, altri no», «Non sto qui a fare il parafulmine», «La società è debole». Anche meno, Antonio, dai... Senza bisogno di citare la famosa battuta «Rilassati, Dio esiste, ma non sei tu». Anche perché a fare solo due punti in casa contro Sassuolo, Bologna e Fiorentina, perdendo il treno scudetto, non sono stati i dirigenti.
Attenzione: non stiamo scrivendo che abbia torto a sostenere che l’Inter debba migliorare non solo in campo ma anche fuori. Anzi, ha pure ragione. Ma non si fa così. E il suo esempio non è edificante. Se tutti i tecnici andassero a fine partita a parlare in quel modo dei propri club, sarebbe la totale anarchia. Senza dimenticare che i tecnici hanno un ruolo stressante, ma anche privilegiato. Difficile accettino un ingaggio per meno di due-tre anni per sé e i loro ampissimi staff. La maggior parte non termina il mandato per carenza di risultati o divergenze con i presidenti e passa il resto del tempo stipendiata a casa, rifiutando spesso altre offerte e godendosi anni sabatici. Sinceramente non pensiamo sia questo l’intento di Conte. Ma allora, perché lo fa? Rumors e scenari, girano tante versioni: vuole soltanto spronare la società a cambiare pelle e qualche dirigente; vuole farsi esonerare; cerca un motivo per andarsene; vuole far capire ad altri top club (leggi Juve) che può liberarsi; è stato già contattato da altri; semplicemente lui è così: prendere o lasciare. L'Inter per ora non lo lascia, se vuole andarsene lui, dovrà dirlo presto.