Ha ridato un’anima rilanciando i delusi È l’eredità del Toro
Ha allenato più la testa, unito la rosa, rimosso gli alibi Lascia al successore 5 ex comprimari ora protagonisti
Ieri il suo telefonino non ha mai smesso di squillare. Dal capitano Belotti in giù, passando per i magazzinieri e gli uomini che abitualmente popolano il Filadelfia: in tanti hanno voluto salutarlo con affetto. Il primo che lo aveva ringraziato, riconoscendogli la qualità di un lavoro non semplice, era stato il presidente del Torino, Urbano Cairo. Lo aveva fatto prima in un contesto privato, la sera del 26 luglio nello spogliatoio di Ferrara a matematica raggiunta, poi ha voluto condividere il suo ringraziamento pubblicamente: «Al tecnico va dato atto di aver lavorato bene e di aver raggiunto il risultato prefissato in un contesto difficile e inedito. Merita un grazie», erano stato le parole del presidente Cairo. Oggi Moreno Longo partirà per le vacanze in Versilia con la famiglia, lo farà con spirito sollevato e animo tranquillo. Perché l’ex ragazzo del Filadelfia ha centrato l’obiettivo che gli era stato richiesto, accompagnando questo Toro in un porto sicuro, con due giornate di anticipo rispetto alla chiusura del campionato. Ricordando l’aria che tirava al Filadelfia a febbraio, con in mezzo un lockdown che ha complicato e modificato il percorso, con le tante problematiche affrontate, Longo può senza dubbio tracciare un bilancio positivo. Ha allenato soprattutto la testa, prima ancora delle gambe e di tutto il resto. Alla fine è riuscito a ridare un’anima a questo Toro, consegnando al suo successore una eredità tecnica incoraggiante, da individuare nella valorizzazione di molti giocatori che fino al suo arrivo avevano svolto il ruolo di comprimari, esplosi dopo il lockdown e divenuti protagonisti. Erano nell’ombra, delusi, chi perché giocava poco chi perché non rendeva come voleva. Da Bremer a Verdi, da Meité a Zaza, passando per Lukic, in tanti sono rinati.
Tattica e psicologia
È stato più psicologo che tecnico. Non ha avuto altra scelta. Quando il 4 febbraio ha coronato il sogno di una vita di sedere sulla panchina granata, ha trovato un gruppo sfiduciato, in crisi, con l’autostima al minimo. Un po’ alla volta è entrato nella testa del Toro, creando empatia, rimuovendo gli alibi, riempiendo di motivazioni e fiducia la quotidianità dei calciatori. Ha fatto subito breccia ricreando un gruppo su basi solide e fondamentali per uscire dalle sabbie mobili della bassa classifica. Il gruppo lo ha seguito, e lo si è visto nelle sfide chiavi contro Udinese, Brescia e Genoa: erano da vincere, vittoria è stata. Ha condotto una politica gestionale eccellente, non per questo trascurando gli aspetti tattici. La compatibilità di Belotti-Zaza è una sua intuizione, con il Gallo andato in rete per 7 gare di fila e Zaza finalmente esploso. Alla pari della rinascita di Meité e Verdi, e della grande sorpresa Bremer. Dai suoi schemi su calci d’angolo, sono arrivati 8 gol, pesantissimi e vitali, dopo la ripartenza. Il suo semestre al Toro gli varrà per il futuro molto più di qualunque campionato vinto in Serie B o master a Coverciano. Con il Torino si saluta con affetto e grande cordialità. Magari un giorno, chissà... Al suo successore Marco Giampaolo (manca solo la risoluzione con il Milan, attesa a giorni) lascia questa eredità sulla quale avviare la ricostruzione. Per Moreno è stato intenso, faticoso, anche sfibrante. Ma stupendo. Il «suo» Toro è salvo, e c’è anche tanto di suo.
Ha reso possibile il duo Zaza-Gallo Belotti a segno in 7 partite di fila
Giampaolo dopo di lui: attesa la risoluzione con il Milan a giorni