La Gazzetta dello Sport

Fuori dalla... Norman

FULMINE MICHAEL SPRINTA PER TRE «IL MIO DESTINO È ANDARE VELOCE» Sotto i 10” sui 100, i 20” sui 200 e i 44” sui 400 come il solo Van Niekerk: «L’oro a Tokyo, un giro in Ferrari e un futuro da giornalist­a»

- Di Andrea Buongiovan­ni

Li chiamano all-around sprinter: sono i velocisti a tutto tondo, capaci di spaziare dai 100 ai 400 come nulla fosse. Sono una forza della natura. E il più forte del lotto, lo dicono i numeri, è mister Michael Norman. Il 22enne california­no, di recente, in Texas, ha corso i 100 in 9”86, divenendo il solo uomo della storia insieme a Wayde Van Niekerk capace di scendere sotto i 10” nei 100, i 20 nei 200 (19”70) e i 44 nei 400 (43”45). Traducendo le prestazion­i in punti con l’ausilio della tabella della federazion­e internazio­nale, la tripletta di Norman vale persino di più di quella del sudafrican­o. Solo Usain Bolt e Michael Johnson, sulle tre distanze, vantano un totale più alto: ma il giamaicano non è mai sceso sotto i 44” nei 400 e lo statuniten­se mai sotto i 10 nei 100. Insomma, come Michael – un fenomeno - nessuno mai.

Gemello Rai

Sul suo talento, del resto, si scommette da tempo. Almeno da quando, 18enne, ai Mondiali juniores di Bydgoszcz del luglio 2016, mentre Filippo Tortu era d’argento nei 100 alle spalle di Noah Lyles, vinceva i 200 col record della rassegna (20”17) che da dodici anni appartenev­a a Andrew Howe e, correndo in prima frazione, la 4x100. Il ragazzo, in qualche modo, è figlio d’arte: mamma Nobue, natali giapponesi (lui, nei lineamenti, dalla fronte alta al taglio degli occhi, li conferma), è stata una buona velocista, come Michelle, sorella maggiore di Michael. «Il mio mirino – dichiarò Norman nei giorni polacchi – è puntato sull’Olimpiade di Tokyo 2020». Un paio di settimane prima sfiorò quella di Rio: ai Trials di Eugene fu quinto nei 200. Resta che il recente progresso nei 100 ha del clamoroso. Vero è che non si cimentava nella specialità da quattro anni. Ma togliere al personale 41/100 in una sola volta non è da poco. Michael, gran fisico (1.88x79), “viaggia” da sempre in coppia con Rai Benjamin, vice campione del mondo in carica dei 400 hs. I due, dal 2016 al 2018, sono stati le stelle dei Trojans dell’Università di Southern California, ateneo situato nel cuore di Los Angeles, per Michael non lontano dalla sua San Diego. Era stato anche per la prossimità con casa che, nella primavera 2016, aveva rifiutato l’invito di Carl Lewis che lo avrebbe voluto all’Università di Houston.

Giornalist­a

Seguito da Caryl Smith Gilbert, già mentore del canadese Andre De Grasse e da Quincy Watts, oro olimpico dei 400 a Barcellona 1992, dopo una prima stagione universita­ria di assestamen­to, l’esplosione. Prima, nel marzo 2018, alle finali Ncaa indoor di College Station, i primati del mondo dei 400 (44”52) e della 4x400 (3’01”77). Poi in giugno, a quelle all’aperto di Eugene, un giro di pista in 43”61. E lì, a metà del corso di studi (in giornalism­o sportivo), corso comunque non abbandonat­o, la scelta di lasciare l’attività di college per passare a quella profession­istica. Grazie (anche) a un’offerta della Nike, pronta a investire pure su Benjamin. «Siamo amici – dice Michael di Rai – anche compagni di allenament­o e di appartamen­to. Viviamo in simbiosi. Cos’è cambiato nelle nostre esistenze dopo che abbiamo lasciato il college? Possediamo una nostra auto e beviamo tanti frullati». Il debutto di entrambi nel circuito internazio­nale risale al giugno 2018, alla tappa di Diamond League di Parigi.

Per mamma

Il resto è storia recente. Ed è storia che non potrebbe essere più significat­iva. Nell’aprile 2019, alle Mt Sac Relays di Torrence, in California, un clamoroso 43”45 nei 400, quarto uomo all-time dietro Van Niekerk, Johnson (due olimpionic­i) e Butch Reynolds (un iridato). «Cos’ho provato?

Dolori ovunque…». In giugno il successo nei 200 al Golden Gala di Roma, rifilando a Lyles quella che ad oggi resta la sola sconfitta del ciclo olimpico nella specialità (19”70 a 19”72). Ma la stagione, ai Mondiali di Doha, non si è conclusa come sperato. Michael, alle prese già da settimane con un acciacco a una coscia, nella semifinale dei 400 s’è rialzato, chiudendo quasi al piccolo trotto, settimo in 45”94. «Il mio corpo mi stava mandando chiari segnali da tempo – ha spiegato – di colpo non sono riuscito più a spingere».

Impazienza

Veder vincere Steven Gardiner con un crono superiore al suo stagionale (45”48) non ha fatto che aumentare l’irritazion­e per quanto accaduto. «In generale – afferma – credo ci siano ancora tanti aspetti nei quali posso migliorare, anche su come gestire la stagione. Spesso sono impaziente. Sento di dover affrontare esperienze internazio­nali e per crescere non c’è di meglio del circuito europeo. Dove può anche capitare, com’è successo a me, di guidare una Ferrari per le strade di Montecarlo nel giorno del 21° compleanno». Michael, una passione per lo skateboard, ha idee molto chiare: «Mi diverto a gareggiare nei 200 e ad allenarmi per i 400, che reputo la mia vera gara – spiega ancora il fenomeno -: coi blocchi mi esercito di rado, ma credo continuerò a frequentar­e entrambe le distanze». Sullo sfondo, Tokyo: un sogno che dura da quattro anni e che è rimandato al 2021. Dovesse andar bene, la più felice sarebbe mamma Nobue.

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Michael Norman, 22 anni, è nato a San Diego (California) il 3 dicembre 1997. Ha corso le gare universita­rie con Southern California. Nel 2016 ha vinto il titolo mondiale under 20 sui 200 a Bydgoszcz (Polonia) in 20”17.
California­no Michael Norman, 22 anni, è nato a San Diego (California) il 3 dicembre 1997. Ha corso le gare universita­rie con Southern California. Nel 2016 ha vinto il titolo mondiale under 20 sui 200 a Bydgoszcz (Polonia) in 20”17.

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