Marquez k.o. I colpevoli e la lezione
Esistono pochi casi, come quello che vede da due giorni Marc Marquez protagonista, in cui esiste solo l’imbarazzo della scelta nell’attribuirne le colpe. C’è la fila di gente che non ne ha azzeccata una, per arrivare al punto in cui si è arrivati. A cominciare dal campione del mondo stesso, che ha cercato di tornare in pista 5 giorni dopo l’operazione all’omero fratturato nella caduta a Jerez. Ma un pilota è un pilota, il suo istinto è quello di correre, sempre. In parte, ma solo in parte, Marc è giustificato. Chi proprio non ha attenuanti è il resto della compagnia. Il chirurgo che l’ha operato: se è dovuto tornare così presto sotto i ferri significa che è stata fatta una scelta sbagliata. Chi gli ha dato il permesso di tornare in pista, sempre a Jerez per le qualifiche del secondo GP, ovvero il responsabile medico del circuito (e pure quello della Dorna, presente al momento del via libera): una scelta inspiegabile, forse indotta da necessità “superiori”, leggi interessi di marketing e televisivi. La Honda: non volendo opporsi al tentativo di Marc lo ha esposto a un grandissimo rischio. Alberto Puig, team manager della HRC, che non ha mai avuto tra le caratteristiche migliori quella di saper proteggere i suoi piloti. Il risultato finale, conseguenza di un filotto di scelte nefaste, ha prodotto per Marquez il seguente scenario: un altro intervento invasivo al braccio destro, un Mondiale diventato assolutamente irraggiungibile, l’incertezza su come affrontare il recupero e il rientro da cui può dipendere addirittura il futuro della sua carriera. Serva da lezione a tutti. Marc ha prodotto miracoli agonistici ma resta un uomo: da qui in avanti meglio salvaguardarlo.