I Signori degli anelli
GIANNIS INSEGUE L’IDOLO KAREEM: TITOLO COI BUCKS PER ESSERE MITO Il greco che punta al secondo mvp ha numeri che non si vedevano da Abdul-Jabbar, l’unica stella ad aver mai fatto vincere Milwaukee
Quando Kareem Abdul-Jabbar arrivò a Milwaukee, nel 1969, si chiamava ancora Lew Alcindor ed era stato un fenomeno al college, nell’inarrivabile Ucla di coach John Wooden. Se ne andò nel 1975, dopo aver cambiato nome, trascinato i Bucks nel 1971 all’unico titolo della loro storia ed essere diventato un monumento della città, dove ha quasi lo stesso status di Fonzie di Happy Days, l’immortale serie tv ambientata nella città della Harley-Davidson. Quando Giannis Antetokounmpo è arrivato a Milwaukee, nel 2013, era uno sconosciuto ragazzo greco dal nome impronunciabile che sognava di diventare una stella nel basket, lo sport che l’aveva tolto dalla strada. Ora è l’mvp dell’Nba che va a caccia del secondo premio consecutivo di più forte giocatore della stagione. E che punta, soprattutto, a regalare ai Bucks quel titolo che manca proprio da quando la stella in campo si chiamava Lew Alcindor.
Nel mito
Per Giannis vincere è una questione di riconoscenza. Milwaukee l’ha adottatto, l’ha fatto diventare il greco più famoso del mondo, l’ha fatto diventare ricco, lui che è cresciuto vendendo souvenir ai turisti per le strade di Atene per aiutare i genitori, immigrati nigeriani in Grecia, ad arrivare a fine mese. Per farlo si è trasformato, ha messo su 25 chili di muscoli in pochi anni, è diventato un’inarrestabile forza della natura che domina sotto canestro. Proprio come faceva Kareem, che nei suoi 6 anni a Milwaukee in cui si è consacrato come il miglior giocatore Nba di quell’epoca ha vinto 3 mvp, portato la squadra al titolo nel 1971 e alle Finals perse due anni dopo. I due si sono incontrati per la prima volta lo scorso anno, alla cerimonia degli Awards Nba, quella in cui Antetokounmpo è diventato il primo giocatore di Milwaukee dopo Abdul-Jabbar ad essere eletto mvp. Il percorso sulla strada del mito è cominciato da lì. Giannis è il primo nella storia Nba dopo Abdul-Jabbar (1976, quando era già ai Lakers) a mettere a referto 15 partite con almeno 30 punti, 15 rimbalzi e 5 assist. È il primo dopo Kareem versione 1972-73 a viaggiare ad oltre 29 punti, 13 rimbalzi e 5 assist di media. Ed è il primo che può riportare i Bucks a vincere un titolo dopo 39 anni.
La benedizione
Giannis ha ancora tanta strada da fare per arrivare allo status di Kareem, il miglior marcatore della storia Nba (38.387 punti, record che pare sempre inarrivabile o quasi), una stella che ha rivoluzionato il gioco vincendo 6 mvp e 6 anelli. Ma ha solo 25 anni, e margini di miglioramento enormi, come ha dimostrato con gli enormi progressi fatti in questo 201920 rispetto alla passata stagione, quella da mvp. «È migliorato come leader - spiega Mike Budenholzer, coach di Milwaukee, prima della partita persa con Brooklyn, in cui ha tenuto Giannis a riposo nel secondo tempo - . Si fa sentire, è a suo agio, ha e instilla fiducia. È cresciuto tantissimo e questo è stato fondamentale per noi. In campo continua a crescere come tiratore, è speciale come passatore e penso che meriti anche il premio di miglior difensore dell’anno». Giannis ha da tempo incassato la benedizione di Kareem, sia come giocatore («Penso sia fenomenale, considerando anche come ha imparato a giocare») che come trascinatore di quella che è stata la sua squadra («Sono sicuro che sono pronti a vincere di nuovo»). La strada per Antetokounmpo sembra tracciata e porta dritto al mito. Per arrivarci deve vincere e convincere anche nei playoff, cosa che al fenomeno greco non è riuscita lo scorso anno. Ma questo è un altro Giannis. Ed è determinato, anche nella bolla di Disnety World, a portare Milwaukee dove solo Abdul-Jabbar prima di lui l’aveva portata: al titolo.