«MI PIACE SINNER PERCHÉ HA LA SOLIDITÀ DEI NUMERI UNO»
Boris: «Anche Berrettini ha grandi margini, ma Jannik è il più completo»
Qualche giorno in Sardegna per ricaricarsi dopo i mesi difficili della clausura da Covid. Boris Becker adesso è pronto a godersi un po’ di tennis che - ammette - gli è mancato più di quanto immaginasse. Con Cincinnati e lo Us Open si prepara a una scorpacciata, anche se i mesi dell’isolamento sono difficili da dimenticare.
3Becker, come ha vissuto i mesi di lockdown?
«È stato un periodo difficile anche per la mia famiglia. I bambini, in particolare, hanno sofferto per le restrizioni. Per me, poi, le passeggiate nel parco erano un momento di relax necessario fuori dalle quattro mura. Ma devo dire che la situazione ha avuto anche un risvolto positivo: spesso mi capitava di cucinare per tutta la famiglia! Insomma, si può dire che siamo diventati più uniti grazie al virus. Ma sono ovviamente molto felice di aver riacquistato
un po’ di libertà: spero si possa andare avanti così e risolvere il problema senza ulteriori blocchi».
3Come si è sentito in questo periodo senza tennis?
«È mancato a tutti gli amanti di questo sport. Nel mio caso la mancanza è stata duplice perché, a causa del mio infortunio alla caviglia, non sono ancora in grado di giocare. Peccato, perché qui in Sardegna avrei voluto giocare alla Forte Village Academy. Sarà per la prossima volta». 3Tre titoli e quattro finali a Wimbledon. Quest’anno si sarà sentito orfano dei Championships.
«Sì, è stato davvero un grande vuoto quello lasciato dal torneo. Ma con tutto quello che stava succedendo, in primavera con la pandemia non si poteva fare altro». 3Come valuta il comportamento del suo ex allievo Djokovic all’Adria Tour? «Bisogna sottolineare il fatto che il tennis resta uno sport sicuro perché non ci sono contatti tra i giocatori. Niente può realmente accadere. Quel torneo era per una buona causa, Nole voleva solo creare un grande evento benefico, ma il fatto che il governo serbo permettesse agli spettatori di riempire le tribune senza protezioni non ha aiutato. Il pericolo virus avrebbe dovuto essere gestito globalmente in modo diverso e, invece, si è presa la decisione sbagliata. O, semplicemente, si sperava che tutto sarebbe andato bene. Purtroppo le previsioni non
erano corrette e, come spesso accade, a posteriori si può dire che bisognava stare molto più attenti...».
3 A proposito, pensa che gli Us Open possano essere giocati in piena sicurezza? Il sistema della bolla la convince?
«In origine, vedendo i numeri del Covid a New York, ero pessimista. Ma adesso penso che sia possibile realizzare un torneo sicuro e bello per tutti. Mi sembra che ci sia stato un grande lavoro da parte degli organizzatori. Senza spettatori sarà molto strano, ma la cosa più importante è salvaguardare la salute di tutti». 3Senza Federer e Nadal, Djokovic ha la strada spianata per vincere lo Slam di New York? «Il torneo è aperto, in uno Slam nessuno ha la strada spianata. Nole ha grande esperienza, ma questa è una situazione nuova per tutti. Chi prima si adatterà sarà favorito. E chissà, potrebbero emergere anche nomi nuovi». 3Magari come i nostri Berrettini e Sinner che sono in rampa di lancio: come li vede? «Hanno entrambi grandissimi margini di miglioramento. Berrettini, ad esempio, può costruire nel tempo un rovescio
sicuramente più efficace. Se devo dirla tutta, in prospettiva Sinner mi sembra il più completo, anche dal punto di vista mentale. È molto solido e ha tutti i numeri per diventare uno dei migliori al mondo».
3E del «suo» Zverev cosa ci dice?
«La stessa cosa che mi sento di dire a tutti i giocatori della cosiddetta Next Gen: abbiate il coraggio di osare, davanti a voi ci sono campioni fenomenali, ma nessuno è eterno. Forse il più pronto a raccogliere l’eredità dei big è Thiem, a me piace molto anche Tsitsipas, ma credo che i prossimi mesi potranno regalarci delle grandi novità».
3La pandemia ha cambiato tutto, pensa che cambierà pure il tennis?
«No, tutt’altro, penso che il tennis passerà indenne perfino alla pandemia: resterà se stesso, lo sport che amiamo. È una grande disciplina e neanche il coronavirus toglierà il fascino che possiede. E poi, come disse una volta Erich Kästner, “Il tennis non è solo uno sport, ma anche un’arte...”».
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