DAL LOCKDOWN ALLA DISCO SEI MESI IN MEZZO AL GUADO
Le chiusure, gli allenamenti a casa, i tagli degli stipendi, la ripresa «a letto presto», il traguardo, i contagi «vacanzieri»: e ora si riparte
Renato Cesarini, quello della mitica «zona» che porta il suo nome da quasi 90 anni, diceva che la cosa che assomiglia di più alla vita è un campo da calcio. La battuta deve valere anche quando questo campo è vuoto. E in un momento in cui ci giocano soltanto i punti interrogativi. E non sai quando, dove e se si riempirà con le stesse cose di prima. Un po’ com’è stata la nostra vita durante il lockdown, ma per molti versi come lo è ancora, fra le tante incertezze sul presente e sul futuro. Quei campi vuoti dalla serie A alla Terza Categoria, anzi all’ultima arrivata, la Quarta, quella della solidarietà, sono stati la metafora di un vuoto, un’assenza, un sentirsi orfani della normalità perduta. E oggi che questa normalità almeno a piccoli pezzetti sembra meno lontana, anche per i calciatori è una fase di passaggio. Impauriti, viziati, generosi, privilegiati, responsabili, fragili, superficiali, sensibili: gliene abbiano dette di tutti i colori in questi mesi, passando con il solito estremismo da social network, dall’elogio sperticato alla condanna senza appello.
Chat e «apnea»
Di certo anche per loro il Covid è stato, è una prova. Dal cartello «Andrà tutto bene» di quel famoso Sassuolo-Brescia del 9 marzo poche ore prima della positività di Daniele Rugani, la prima in serie A, sono passati meno di sei mesi. Sei mesi di tapis roulant, cyclette, esercizi via chat, rotture o accordi sugli stipendi da ridurre, tamponi (anche positivi), ripartenze fissate e rinviate, che hanno anche diviso la categoria. E poi spalti vuoti, calendari-apnea, niente bolla del ritiro permanente ma
Quell’«andrà tutto bene» di Sassuolo-Brescia Poi il lockdown con mille dubbi
Il dilemma sulla ripartenza La bolla svanita, poi tanti tamponi e infortuni
serate in cui si è «andati a letto presto», avrebbe detto De Niro in C’era una volta in America, vacanze a breve gittata con queste feste, liberatorie quanto discusse, che hanno portato a un ritorno di positività e di contagi. Anche qui, il campo che somiglia alla vita (ancora Cesarini docet).
Stipendi e k.o.
Facendo un bilancio, i calciatori sono stati a casa come mai nella loro vita, hanno avuto la loro «didattica a distanza» come i figli, guadagnato un po’ di meno (la media è di una mensilità saltata), nel mese e mezzo di ripresa giocato con una frequenza record, si sono infortunati di più (tanto per dirne una, la Lazio ha avuto più indisponibilità nelle 12 giornate post lockdown che nelle prime 26), forse cambieranno (così si dice) squadra in numero più consistente.
Doppia partita
E ora? Ora è il momento di ricominciare. E di scoprire che non basta giocare bene dentro il campo: una parata, un assist, un gol. Bisogna ridurre al minimo il rischio contagio, insomma «andare ancora a letto presto». Il fantasma della positività non ha lo stesso aspetto di prima (la famosa quarantena di gruppo, incubo della ripartenza), il via del 19 settembre non è in discussione, ma le incognite rientrano pure loro dalle ferie, anzi in vacanza non ci sono mai state. «Serve rigore assoluto», dice Sandra Zampa, sottosegretaria alla Salute. «Lo sport e il calcio dovranno essere più morigerati, come tutti noi, fanno parte della stessa società civile», spiega il virologo Fabrizio Pregliasco. C’è da ripetere il mezzo miracolo della prima metà dell’estate, quello che ha consentito di tagliare un traguardo che sembrava irraggiungibile. Insomma, almeno per il momento: nuovo campionato, vecchi termoscanner.
Calcio e sport dovranno essere più morigerati Sono parte del Paese come tutti noi
Pregliasco Virologo
Serve rigore assoluto, lo stesso osservato nell’ultima parte della stagione calcistica
Zampa Sott. Salute