Scherma È un’Italia da record Per riscattare Rio e tornare miniera d’oro
En plein di qualificati: siamo da medaglia in tutte le armi. Ma Di Francisca e Montano cosa faranno?
La miniera, a Rio, aveva il filone prosciugato. Solo quattro medaglie, solo un oro: il bottino meno ricco degli ultimi vent’anni. Abbonati a una messe di podi, abituati a sentire sino all’assuefazione l’Inno di Mameli, addirittura esterefatti a Londra 2012 di fronte all’en plein delle fiorettiste - oro argento e bronzo nel torneo individuale, oro a squadre - quella brasiliana, per la scherma azzurra, fu archiviata come un’Olimpiade sottotono. E se dovessimo guardare anche al bilancio dei Mondiali di Budapest 2019 - nessuna medaglia d’oro: non succedeva dal 1987 - ci sarebbe da guardare un pochino allarmati ai Giochi di Tokyo. Ma i medaglieri bisogna anche saperli leggere. E Budapest, dove pure alcuni big hanno deluso, ha visto le lame azzurre salire otto volte sul podio: un buon viatico per lanciarsi sui Giochi giapponesi, suffragato poi da un altro risultato non banale, perché subito prima del lockdown è arrivata l’aritmetica qualificazione degli azzurri in tutte le armi. Questo consentirà all’Italia di avere le batterie piene (tre atleti nei tornei individuali, oltre a tutte le squadre: non era mai successo) con la possibilità quindi di ambire anche al miglior bottino di sempre.
Alla finestra
Ma che cosa cambia tra il 2020 e il 2021? Tanto per cominciare il rinvio di un anno fa pendere un grosso punto interrogativo sulla presenza dei nostri due atleti più titolati: Elisa Di Francisca e Aldo Montano. La fiorettista oro a Londra e argento a Rio, numero 3 del ranking, tornata dopo la maternità per inseguire il terzo podio consecutivo, avrà 38 anni e tutt’ora sta sfogliando la margherita sul da farsi: la sua assenza, è innegabile, inciderebbe molto anche sulla gara a squadre. Dal canto suo il quasi 42enne sciabolatore livornese, oro addirittura ad Atene 2004, nonostante una necrosi alla testa del femore stava tenendo duro per raggiungere la quinta partecipazione (traguardo a cui ambisce anche il 36enne fiorettista Andrea Cassarà, numero 4 al mondo, lui pure costretto a convivere con gli acciacchi) e strizzava l’occhiolino alla possibilità di fare il portabandiera. Ma sta a sua volta alla finestra: vale la pena tirare avanti un altro anno convivendo con i dolori e allenandosi blandamente, con il rischio poi di non riuscire a salire manco in pedana? Di contro, l’anno in più offre ai più giovani la possibilità di crescere (dal fiorettista Tommaso Marini agli spadisti Davide Di Veroli e Federica Isola e allo sciabolatore Dario Cavaliere) e, alle squadre, di oliare quei meccanismi che nelle ultime due stagioni hanno un po’ steccato. Il riferimento è innanzitutto al fioretto, maschile e femminile, che ci aveva abituato gran bene e ci ha visto cedere lo scettro.
Occhio agli incroci
La possibilità di un ricco bottino dipende poi anche dagli incroci che riservano i tabelloni individuali: semplicemente bisognerà evitare i derby prima delle semifinali. Sulla carta solo in un’arma, la sciabola femminile individuale, abbiamo speranze di medaglia ridotte al lumicino. Per il resto le chance, anche di vittoria, sono pressoché ovunque. Pensiamo solo ai nomi in campo: l’oro uscente Garozzo, Foconi, Cassarà, Volpi, Errigo, l’emergente Santarelli, Curatoli, Navarria, Fiamingo... E il magro bilancio di Rio sarà solo un nebuloso ricordo.