Dai giocatori ai magazzinieri: «Mister, rimani!» E lui s’è convinto
Prigioniero dell’Inter, Antonio. Prigioniero dell’affetto che lo ha circondato da sabato notte fino a ieri all’ora di pranzo, quando ha messo da parte il telefono per avviarsi a Villa Bellini. Dietro l’approccio «morbido» al meeting c’è un Conte che non se l’è sentita di mollare l’Inter. E dunque ha alzato il piede dal pedale dell’acceleratore. Calma e sangue freddo, deve aver pensato l’allenatore. Perché a queste persone non posso dire di no. Quali persone? Il racconto è di uno smartphone del tecnico inondato di chiamate e di messaggi whatsapp, negli ultimi quattro giorni. Tutti con lo stesso tono: «Resta, c’è da finire un lavoro insieme». Tra i mittenti i giocatori ormai in vacanza - si racconta di un Lukaku molto attivo in questo senso -, ma anche i dipendenti di Appiano, i magazzinieri, il team manager, insomma chiunque abbia condiviso un pezzo di strada con lui. Conte è rimasto sinceramente colpito. Ha capito di aver lasciato il segno, durante l’ultimo anno, nonostante riconosca lui stesso di essere un tipo che chiede molto a chi gli sta intorno. Ed ecco perché le persone a lui più vicine, negli ultimi giorni, si erano dette più che possibiliste sulla sua permanenza, anche quando le parole di Colonia parevano aver segnato la fine del rapporto.
Con i tifosi
E poi i tifosi, certo. Quegli stessi che Conte aveva già ringraziato dopo la finale di Europa League. E che, dopo lo sfogo di Bergamo, gli dedicarono uno striscione di sostegno: «Gli interisti veri sono con te». Non è un passaggio banalissimo. Conte è stato una bandiera della Juventus, non un giocatore qualunque che ha vestito il bianconero. È stato il tecnico che ha avviato la ricostruzione vincente della Juventus, ciclo peraltro ancora in corso. Ed è pure l’uomo che, quasi alla prima mossa in nerazzurro, ha detto di fianco al presidente Zhang «mai più pazza Inter», inno che infatti a San Siro non suona neppure più. Insomma, ce n’era abbastanza per venire abbandonato alle prime difficoltà. E invece no. E invece l’allenatore in questi giorni si è sentito protetto oltre che rispettato. Amato, in una sola parola. Una famosa pubblicità di qualche tempo fa raccontava: «Una telefonata allunga la vita». Ecco, proprio così.