Venti anni da fenomeno in Catalogna: il bimbo che non cresceva ha vinto tutto
Il 17 settembre del 2000 il 13enne Leo Messi saliva per la prima volta su un aereo. Lo accompagnava il padre Jorge, pieno di speranze e di preoccupazioni. Il bambino era fortissimo a giocare a calcio, ma non cresceva per un problema ormonale. E la cura era costosa. L’aereo da Buenos Aires andava a Barcellona. I Messi sbarcarono, attesero, si spaventarono, temettero il peggio. Poi arrivò un provino nel quale Leo strabiliò e un contratto vergato su un tovagliolo di carta e firmato da Charly Rexach, plenipotenziario del Futbol Club Barcelona, cimelio storico che oggi riposa in una cassetta di sicurezza di una banca andorranna.
La crescita
A marzo del 2001 arrivò l’accordo vero per legare il piccolo Leo al Barcellona: per lui pochi spiccioli e la copertura economica della costose cure necessarie per farlo crescere, al padre un assegno per mantenere la famiglia. Contratto rivisto nel 2003, poi nel 2005. Compiuti i 18 anni arrivò il contratto da maggiorenne, subito ritoccato dopo 3 mesi, quindi nuovi accordi nel 2007, nel 2008, nel 2009, nel 2012 e nel 2014. Nel 2017 la decima firma. Lo stipendio è cresciuto dai 3 milioni del 2005 ai 50 attuali con tappe a 7, 8,5, 10,5, 12 e 23 milioni. La clausola dai 30 milioni del 2003 ai 150 del 2005 (clamorosa al tempo), poi 250 nel 2009 fino ai 700 di oggi. O zero, come vi spieghiamo nell’altro pezzo. Quando Leo arriva a Barcellona il Barça è in profonda crisi. Le macerie del Dream Team di Cruijff non sono state ancora ricostruite. Poi però col nuovo secolo arriva Joan Laporta, che prende Frank Rijkaard e Ronaldinho e il Barça riparte. Leo si affaccia in prima squadra nel 2004, e nel 2006 vince la sua prima Champions. Inizia l’era Messi, e per il Barcellona cambia tutto. Il connubio con Pep Guardiola, altra scommessa di Laporta, offre in dote altre due Champions, nel 2009 e nel 2011, e il primo triplete nella storia del calcio spagnolo. Poi nel 2015 il secondo triplete, con Luis Enrique. Da allora, niente più Champions. Il Barça ha vinto 8 Liga delle ultime 12, ma l’astinenza europea brucia, e pesa clamorosamente su Messi che intanto ha vinto 6 Palloni d’Oro e altrettante Scarpe dello stesso metallo.
Il confronto
Per capirsi. Il Barcellona preMessi tra il 1909 e il 2003 ha vinto 62 titoli, il Barça di Leo, 2004-2019, 34. Non c’è molto altro da dire, no? Si, c’erano Xavi e Iniesta, Eto’o e Ronaldinho, Neymar e Suarez, Piqué e Puyol e via dicendo. Però c’era soprattutto lui: il bambino di Rosario che non riusciva a crescere e che ha conquistato il mondo vestito di blaugrana. Quando Leo ha segnato il primo gol col Barça, all’Albacete, il 1° maggio 2005, Cesar era il pichichi storico del club con 232 reti. L’8 agosto nel 3-1 al Napoli Leo è arrivato a 634 gol in blaugrana. Quasi tre volte tanto. Una cosa impressionante, impensabile, che chissà se e quando sarà mai superata. È diventato il secondo giocatore per presenze, dietro a Xavi. Ma, soprattutto, è diventato il Barcellona. Così come grazie al meraviglioso duello con Cristiano Ronaldo la Liga e il Clasico
La crescita economica
Il Barcellona pre-Messi era fuori dall’élite del calcio europeo, con lui è assurto a dominatore. Il Museu del Camp Nou è diventato il più visitato della Catalogna e il terzo di Spagna. I 95.000 posti del Camp Nou sono stati venduti in giro per il mondo partita dopo partita. Gli sponsor hanno fatto la fila, con in mano assegni milionari che hanno portato il Barça oltre il miliardo di fatturato. Messi e il Barça si sono dichiarati amore eterno per vent’anni. Certo, è sempre stata una storia con forti connotati economici. Non un matrimonio d’interesse, no, però i soldi sono sempre stati al centro del sodalizio. Insieme alla città, al Mediterraneo, alla spiaggia di Casteldefells.
Finale meschino
E poi gol meravigliosi, azioni maradoniane, assist che vedeva solo lui, reti pesanti, belle, magnifiche. Per anni. Nel 2017 il decimo rinnovo da 440 milioni lordi tra ingaggio e premi alla firma, tre anni dopo, in questo incredibile e tristemente già storico 25 agosto, il “burofax” per chiudere il ventennale rapporto. Difficile credere che una storia tanto grande e “alta” possa finire in maniera così piccola e meschina, col tovagliolo di carta buttato in un cestino insieme a tutta la sua poesia. Il bambino di Rosario è diventato grandissimo. E si è arrabbiato.