«SAMP, IO SONO PRESIDENTE-OPERAIO QUAGLIA UN SIMBOLO COME VIALLI E MANCIO»
Oggi raduno: comincia il settimo anno alla guida dei blucerchiati. «Orgoglioso per i tre club liguri in A. Ranieri è un punto fermo. Sul mercato cerchiamo giovani di talento»
Buon vento e mare calmo. Come i veri marinai, Massimo Ferrero inizia oggi la sua settima stagione da presidente cercando la brezza giusta per una Sampdoria che vuole ripartire fra sorrisi, fiducia e autostima.
Com’è il suo bilancio dei sei anni di presidenza e, dopo l’ultima stagione, con quale spirito si prepara al nuovo campionato?
«Sono state sei stagioni intense, emozionanti, felici a tratti e anche faticose, come le storie d’amore. Alla settima mi preparo con audacia, tenacia, forza e sempre più cuore. Tutti i giorni si lavora. Con la mia prima linea, composta da Carlo Osti, Riccardo Pecini e Alberto Bosco lavoriamo, ognuno nel proprio raggio di competenza, per snellire la burocrazia, garantire la ripartenza anche delle infrastrutture e per cercare, come sempre, i talenti giusti per una Sampdoria competitiva e di qualità».
Il suo proposito è di non soffrire come nell’ultima stagione o di alzare l’asticella, pur con la necessità di un rigoroso business plan per contenere e ridurre le spese?
«La sofferenza fa parte della passione. L’ultima è stata una stagione dura, per tanti motivi e soprattutto per quella falsa partenza, ma ci siamo salvati bene in un contesto difficile post pandemia: avremmo potuto anche fare l’impresa, ovvero scalare ancora di più la classifica nelle ultime quattro giornate. Ma da un male bisogna sempre tirare fuori un bene e anche questa lezione ci servirà per il futuro. Tranquillità è il sostantivo che scelgo per la nuova stagione, l’asticella si deve alzare sempre perché genera stimoli, continuità e
cazzimma, ma con rigore. Ho imparato a dire che il nostro traguardo è la prossima partita».
Quanto conterà il fattoreRanieri in panchina sin dall’inizio della preparazione?
«Sono molto soddisfatto di lui. Sotto tutti i punti di vista. In un momento di difficoltà si è rivelato la scelta giusta della quale sono e siamo tutti molto orgogliosi. Così avrà ancora più tempo per preparare la squadra, per trasmettere il suo credo calcistico. Lo si è visto anche dopo la pausa per la pandemia: i risultati sono arrivati. Sarà fondamentale».
La ripresa dei contagi può in qualche modo cambiare i vostri piani e quelli del calcio?
«I latini avrebbero detto: “Ad impossibilia nemo tenutur”.
Nessuno è tenuto alle cose impossibili. Ripartire con i tifosi negli stadi sarebbe il regalo più bello, ma non va sottovalutata la situazione, il virus non è andato via magicamente, ma senza allarmismi, con senso civico e responsabilità. Ripartiremo a porte chiuse con coraggio e lucido ottimismo».
Molti club in vendita e tante voci sulla Samp, ma lei ha da poco varato un CdA di alto profilo con durata triennale. Un segnale importante…
«Ho risposto con i fatti a tante, troppe parole».
Imputa a se stesso qualche errore di gestione?
«Sto pagando l’impulsività, la mia genuinità e anche una certa inesperienza nelle strumentalizzazioni mediatiche, un po’ macchiavelliche, che certamente in tutti i settori e non solo nel calcio sono di casa. Ero e sono un presidente operaio: barcollo ma non mollo. Chi non fa non sbaglia, l’importante è fare e non arrendersi mai. Sono orgoglioso e onorato a prescindere di essere il presidente del club con i colori più belli del mondo e lavoro: è la mia risposta alle tante parole».
Liguria per la prima volta con tre squadre in A: orgoglioso del fatto di rappresentare questa realtà unica in Italia (è la regione più piccola in rapporto alle squadre nel massimo campionato)? «Certamente felice di essere il presidente della Samp. Le dimensioni non definiscono la grandezza. La Liguria è una regione completa, ha tutto per farsi amare e ha dato risposte di forza e di cuore sempre, anche recentemente, con la ricostruzione del nuove ponte dopo la tragedia, purtroppo indimenticabile, di due anni fa. Anche prima di entrare in Samp, ho sempre avuto un rapporto felliniano con Genova, dove ho lavorato per diversi film: i suoi tramonti sono cartoline di sentimenti. Con tre squadre in A la Liguria ha dato un’altra risposta importante».
I derby diventeranno quattro. E lei ha una tradizione molto favorevole.
«Con gli opportuni scongiuri… Quello di Genova è il più bello, ma non c’è derby senza tifosi, quindi mi auguro che il prossimo sia il derby della gente. E poi ci saranno quelli con lo Spezia: sarebbe importante che potessero giocarlo nella loro città».
Sarà sempre la Samp di Quagliarella o punta su altri? Intanto è arrivato il miglior talento danese, Damsgaard, con un investimento importante. «Oggi Quagliarella è quello che Vialli e Mancini sono stati in passato: un simbolo e non solo il capitano, e uno dei migliori attaccanti della storia moderna del calcio italiano. La Samp ha la sua grande storia e in questa storia Quagliarella occupa un posto importante. Su Damsgaard abbiamo lavorato in anticipo e, a scuola da Ranieri, può crescere ancora di più. Ripeto quello che ho detto all’inizio: con Osti e Pecini lavoriamo per individuare e studiare i talenti che possano darci tanto nel presente e ancora di più in futuro».