Orgoglio, decisionismo e lavoro: così ragionano due leader nati
Personalità
Conte focoso e maniacale Pirlo da scoprire nei suoi silenzi
I punti chiave
La gestione di Andrea, lo stress di Antonio
Se per caso dovesse capitarvi di incontrare Conte e vi venisse concessa la possibilità di fargli una domanda, una sola, non sprecate quella sui calciatori che gli sono rimasti nel cuore. Perché la risposta è già nota: Pirlo e Kanté. Antonio un giorno in un’intervista dipinse così Andrea: «È un fuoriclasse in campo ma anche un mostro di determinazione negli allenamenti. Fu la locomotiva del mio ciclo: potevo chiedere a tutti qualsiasi fatica, con Pirlo a tirare il gruppo nessuno si permetteva di fiatare». Si chiama leader, uno così. E non dipende dal ruolo, dalle caratteristiche tecniche, dall’età. Conte sa riconoscerlo, perché leader era anche lui da giocatore. Con espressioni diverse, con atteggiamenti differenti, per certi versi quasi opposti.
Caratteri
Andrea, uomo nel senso più antico del termine, come l’aner greco e dunque l’energia fatta persona, ha forse rubato il nome ad Antonio, che un tratto distintivo del suo carattere ce l’ha da sempre: orgoglioso. E poi in serie: trascinante, focoso, permaloso, maniacale, perfezionista, decisionista. Un lottatore, Antonio. Nel senso infinito del termine, ovvero una persona in perenne lotta con se stesso, con i traguardi che si pone, con un’asticella che lui stesso alza ogni volta (ma guai se sono gli altri, a metterla lassù: vero Marotta?). Andrea è invece meno «fisico» nei suoi atteggiamenti. Un pacato decisionismo, potrebbe esser definito così il suo: dietro quel tono di voce che pare quasi dimesso, sa come farti ridere per un’ora di fila a cena oppure prenderti per le orecchie e dirti in faccia quello che pensa, senza i dribbling che faceva in maglietta e pantaloncini. La gestione del gruppo di Andrea è materia ancora tutta da scoprire. Ma quella frase di due giorni fa alla prima conferenza - «voglio costruire un dialogo costante con i calciatori» - sembra un concentrato del contismo, «malato» com’è Antonio del rapporto con la squadra, protettivo ai limiti dell’ansioso: ma in fondo, conoscete un padre che non si agiti per il proprio figlio?
Il lavoro
Antonio e Andrea vicini e lontani. Due che si sono tremendamente riconosciuti sotto quel tratto comune che è la cultura del lavoro e la passione per le questioni tattiche: quante chiacchierate sulla difesa a tre, quante sensazioni condivise sulle partite e sulle vittorie, i compagni e gli avversari, le vittorie e le sconfitte. Conte da bambino rimase colpito dalla vittoria dell’Italia a Spagna ‘82: «Capii che con la determinazione si poteva andare oltre i propri limiti». Pirlo giocava in spiaggia a Viareggio e si portava il pallone da casa, naturale sia poi diventato da adulto un maestro in mezzo al campo: «Voglio la palla sempre tra i piedi». Oggi sono quel che già erano da giocatori, allenatori senza saperlo. E senza saperlo, sotto sotto proveranno pure a bisticciare nella stagione che parte. Per uno scudetto, non per altro. In fondo, tutti e due inseguono una prima volta, no?