Il City ha i conti più solidi ma per tutti sarebbe dura rispettare il fair play Uefa
Manchester e Psg, con il fatturato quasi doppio, hanno margini maggiori dell’Inter. Messi porta sponsor ma con gli stadi vuoti?
arebbe un paradosso se Messi, il calciatore più costoso al mondo, finisse in uno dei due club (City e Psg) che nell’ultimo decennio hanno aggirato le norme Uefa facendola franca. Ecco perché qualsiasi ragionamento sull’impatto dell’operazione in termini di fair play finanziario va preso con le pinze. Dopo i colpi di spugna del Tas, peraltro, la severità del fair play è in fase di attenuazione, a maggior ragione nell’era del coronavirus. Si sa già che l’Uefa ha apportato correttivi nei calcoli del break-even (30 milioni di rosso massimo consentito nell’ultimo triennio, al netto dei costi virtuosi) considerando la media dei risultati d’esercizio 2019-20 e 2020-21 in modo da assorbire le perdite legate alla pandemia. L’Uefa, inoltre, chiuderà un occhio sull’ultima stagione d’emergenza, consentendo ai club di operare con maggiore flessibilità nella campagna trasferimenti, e terrà conto in ultima istanza delle perdite di fatturato da Covid.
Punto di partenza
Tutto questo per dire che un eventuale acquisto di Messi, ai fini del fair play, verrebbe comunque calcolato al netto degli effetti della pandemia sui bilanci dei club. E allora, per provare a capire quale società sia più attrezzata bisogna fare riferimento ai dati della stagione 2018-19, pre-Covid. Beninteso, qui non parliamo della disponibilità degli azionisti ma della capacità dei club di sostenere (o meno) il colpo Messi in base a ricavi e costi. Chi ha il fatturato più alto è avvantaggiato: Psg e City, rispettivamente con 659 e 611 milioni, fanno quasi il doppio dell’Inter, a quota 377. Non è un caso se francesi e inglesi, pur pagando stipendi per 371 e 358 milioni, abbiano chiuso il 2018-19 in utile (+28 e +11), mentre i nerazzurri, con spese del personale da 193 milioni, hanno registrato 48 milioni di perdita. C’è tuttavia una differenza: con i maxiacquisti di Neymar e Mbappé i parigini hanno stressato particolarmente i conti, messi a posto con grandi plusvalenze (76 milioni) nel 2018-19 (oltre che con le solite sponsorizzazioni “in famiglia”). Il Manchester presenta la migliore gestione caratteristica, al netto delle plusvalenze per intenderci: -25 milioni contro il -46 del Psg e il -51 dell’Inter. Per tutte l’inserimento a bilancio della “voce” Messi sembrerebbe, a prima vista, incompatibile con i paletti del fair play. Senza nemmeno prendere in esame l’ipotesi del pagamento della clausola da 700 milioni e ipotizzando un trasferimento da 100 milioni, con un contratto triennale il costo annuo a bilancio di Messi, tra ammortamento e stipendio, sarebbe di almeno 130 milioni, che nel caso dell’Inter scenderebbero a 100 grazie al regime fiscale agevolato per i lavoratori impatriati.
Sponsor e tagli
Sarebbero due le leve da azionare per accogliere Leo: incrementare il fatturato e/o liberare i costi. Non v’è dubbio che Messi sarebbe una fortissima calamita per nuove sponsorizzazioni (o rinnovi), basti pensare al fatturato del Barcellona, cresciuto fino a 850 milioni anche grazie a lui. A causa del Covid, tuttavia, nessuno sa quando e come si potranno sfruttare gli introiti da botteghino e da tutte le attività connesse allo stadio (tour, museo, negozi). In una fase di contrazione dell’industria calcistica, ragionando solamente di business non pare questo il momento migliore per avventurarsi in un’operazione del genere. Ma possono subentrare altre motivazioni, dalla geopolitica allo sviluppo internazionale degli affari alla diversificazione dei settori d’impresa, le stesse che hanno già portato arabi e cinesi a investire centinaia e centinaia di milioni nel calcio.