ITALIA SEI DA 10 ?
CI GUIDA BERRETTINI A NEW YORK TRICOLORE DA RECORD
Matteo ha margini enormi, non mettiamo pressione a Sinner
Dieci azzurri direttamente in tabellone: secondi solo agli Usa (13) Barazzutti: «Merito delle sinergie tra Fit e privati»
Il momento è Gaio. Ci perdoni il tennista faentino se scherziamo un po’ con il suo cognome per suggellare una giornata a suo modo storica per le racchette italiane: non era mai accaduto, infatti, che 10 azzurri entrassero direttamente, cioè per meriti di classifica, nel tabellone maschile di uno Slam. Il sorteggio di ieri degli Us Open, insomma, si è colorato anche di azzurro.
Nuovo record
Gaio la settimana scorsa era stato l’ultimo a passare il taglio, da numero 130 del mondo (ora ha perso una posizione), grazie al ritiro del taiwanese Lu, che non se l’è sentita di affrontare il viaggio a New York causa pandemia. Federico, perciò, si è aggiunto a quelli già sicuri di un posto: Berrettini (n. 8), Sonego (46), Sinner (73), Mager (79), Travaglia (86), Seppi (88), Caruso (99), Cecchinato (106) e Lorenzi
(123). Un record: negli ultimi due anni per quattro volte ci siamo spinti fino a nove, comprendendo però anche qualificati (stavolta a New York le qualificazioni non si giocano) e lucky loser, senza contare che manca Fognini (11 del mondo) ancora in recupero dall’operazione alle caviglie. Siamo così sul podio delle nazioni più rappresentate, dietro agli Stati Uniti (13 diretti più 7 wild card), a pari merito con la Spagna. Certo, la situazione particolare legata al coronavirus ha aiutato, poiché hanno rinunciato all’appuntamento 7 dei primi 50 al mondo, ma resta il dato oggettivo corroborato da un’altra statistica: nella classifica pubblicata prima del lockdown di marzo, nella top 300 del mondo, ultimo confine per l’élite, c’erano 21 italiani, quarto Paese dopo Spagna (22), Francia e Stati Uniti (27 ciascuno).
Sinergie e dialogo
Insomma, il tennis azzurro ora coniuga qualità e quantità, il sogno di qualsiasi responsabile di settore. E infatti Corrado Barazzutti, dal 2000 capitano di Davis, si gode il momento e guarda con ambizione al futuro che verrà: «Quando in tempi di magra dicevamo che c’erano comunque le basi per creare un movimento finalmente all’altezza delle nostre ambizioni, sapevamo che il grande lavoro degli ultimi anni avrebbe prodotto buoni frutti. Quando sono diventato c.t. l’ambiente era spaccato: con la Federazione abbiamo cominciato a dialogare con i coach privati, creando un sistema che esaltasse le sinergie tra il settore tecnico federale e gli staff dei giocatori. In questo modo tutti abbiamo avuto l’opportunità di crescere». Fino a portare un giocatore, Berrettini, alla testa di serie numero 6 di uno Slam (appunto gli Us Open che scattano lunedì, stante l’assenza di Nadal e Federer), seeding più alto per un italiano dai tempi di Panatta, che nel ‘76 fu numero 5 a Wimbledon e poi 4 a New York. «Matteo ormai è un top player - analizza Barazzutti - e quindi da lui ci si aspettano sempre risultati di quel livello. Deve difendere la semifinale, non sarà facile, anche perché era stato un anno difficile per lui già prima dello stop a causa degli infortuni, ma in generale ha enormi margini di crescita. Sono contento perché la competizione stimola: Fognini e Seppi hanno tenuto accesa la fiammella quando si era in crisi, ora la presenza contemporanea di tanti ottimi giocatori produrrà una crescita complessiva. Solo una cosa: non mettiamo troppa pressione a Sinner. Diventerà un campione, ma è ancora nella fase in cui può perdere match all’apparenza facili». Sembrano le parole di un papà.