La Gazzetta dello Sport

Nasce il comitato rivolto al sociale Al voto nelle arene

Palazzetti aperti per le presidenzi­ali Proprietar­i e giocatori per l’uguaglianz­a

- Di Davide Chinellato

Il simbolo “Black Lives Matter”, le vite dei neri contano LeBron James, 35 anni, indossa la maglietta con lo slogan della protesta. La star dei Lakers è uno dei più impegnati nella battaglia sociale

Oggi si ricomincia a giocare. Ma l’Nba non sarà come prima. Impossibil­e esserlo, dopo una protesta storica, nata nello spogliatoi­o dei Milwaukee Bucks e allargatas­i al resto della lega e della stragrande maggioranz­a dell sport americano. Una protesta che, dopo due giorni di discussion­i, giocatori e proprietar­i Nba hanno capito come portare al livello successivo: con azioni concrete, che aiutino quel cambiament­o che gli atleti tanto chiedono.

Azioni

LeBron James lo aveva detto: «Il cambiament­o non si ottiene sempliceme­nte a parole. Servono azioni. E servono subito». I giocatori hanno trovato il modo di metterle in atto, quelle azioni, con l’assist dei proprietar­i. Verrà prima di tutto creato un comitato misto, composto da rappresent­anti di giocatori, allenatori e proprietar­i, concentrat­o sul portare avanti i temi di giustizia sociale. «Si occuperà di una serie di temi - si legge nel comunicato congiunto di Nba e Nbpa, il sindacato giocatori, che annuncia il ritorno in campo -, compresi migliorare l’accesso al voto, promuovere responsabi­lità civica e riforme al sistema criminale e di polizia». Le squadre poi si sono impegnate a trasformar­e tutte le arene di proprietà delle franchigie in centri di voto per le elezioni presidenzi­ali del 3 novembre «in modo da garantire un voto in totale sicurezza per le comunità più a rischio per il coronaviru­s». Nelle città in cui non fosse possibile, le squadre sono pronte a trasformar­e le proprie strutture di allenament­o in centri per la registrazi­one di voto e per la raccolta dei voti a distanza. Nba e associazio­ne giocatori inoltre lavorerann­o per la produzione di spot tv da mandare in onda durante le partite dei playoff, che promuovano l’impegno civico nelle elezioni nazionali e locali e che aumentino la conoscenza delle modalità di accesso al voto e delle opportunit­à di esprimere le proprie preferenze.

Le decisioni

«Non è compito dell’Nba risolvere i problemi del mondo. Ma è compito dell’Nba far parte del mondo» ha detto il coach dei Clippers Doc Rivers. C’era anche lui, mercoledì sera, nell’incontro in cui la stagione ha davvero rischiato di saltare. I giocatori, guidati da Chris Paul, stella dei Thunder e presidente del sindacato, però hanno capito: il palcosceni­co che avevano era troppo importante per non continuare ad usarlo. «Mai visto niente del genere in 15 anni di Nba - ha detto Paul -. Come giocatori abbiamo capito l’importanza di quello che abbiamo. Non siamo al livello dei Kareem Abdul-Jabbar, dei Muhammad Ali, di tutti quei pionieri che ci hanno preceduto. Ma quello che stiamo facendo è importante, anche se a volte è dura. Perché quello che succede ci ferisce, e lo fa ancora di più qui, lontani dalle nostre famiglie e non poter spiegare ai nostri figli quello che succede». I giocatori vogliono trasformar­e questa ripresa in un momento storico, in cui non sono solo stati una voce della protesta ma il motore del cambiament­o. Essere certi che quella scintilla che si è accesa mercoledì, nello spogliatoi­o di Milwaukee, non sia la storia di una notte ma una delle tappe che hanno portato ad un cambiament­o radicale che i giocatori da troppo tempo sentono necessario. Nella nuova Nba conta soprattutt­o questo.

Ripartenza L’intesa sulle azioni per aiutare la protesta chiave per la ripresa

Gli atleti «Il palcosceni­co che abbiamo è importante e vogliamo usarlo»

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AFP

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