Nasce il comitato rivolto al sociale Al voto nelle arene
Palazzetti aperti per le presidenziali Proprietari e giocatori per l’uguaglianza
Il simbolo “Black Lives Matter”, le vite dei neri contano LeBron James, 35 anni, indossa la maglietta con lo slogan della protesta. La star dei Lakers è uno dei più impegnati nella battaglia sociale
Oggi si ricomincia a giocare. Ma l’Nba non sarà come prima. Impossibile esserlo, dopo una protesta storica, nata nello spogliatoio dei Milwaukee Bucks e allargatasi al resto della lega e della stragrande maggioranza dell sport americano. Una protesta che, dopo due giorni di discussioni, giocatori e proprietari Nba hanno capito come portare al livello successivo: con azioni concrete, che aiutino quel cambiamento che gli atleti tanto chiedono.
Azioni
LeBron James lo aveva detto: «Il cambiamento non si ottiene semplicemente a parole. Servono azioni. E servono subito». I giocatori hanno trovato il modo di metterle in atto, quelle azioni, con l’assist dei proprietari. Verrà prima di tutto creato un comitato misto, composto da rappresentanti di giocatori, allenatori e proprietari, concentrato sul portare avanti i temi di giustizia sociale. «Si occuperà di una serie di temi - si legge nel comunicato congiunto di Nba e Nbpa, il sindacato giocatori, che annuncia il ritorno in campo -, compresi migliorare l’accesso al voto, promuovere responsabilità civica e riforme al sistema criminale e di polizia». Le squadre poi si sono impegnate a trasformare tutte le arene di proprietà delle franchigie in centri di voto per le elezioni presidenziali del 3 novembre «in modo da garantire un voto in totale sicurezza per le comunità più a rischio per il coronavirus». Nelle città in cui non fosse possibile, le squadre sono pronte a trasformare le proprie strutture di allenamento in centri per la registrazione di voto e per la raccolta dei voti a distanza. Nba e associazione giocatori inoltre lavoreranno per la produzione di spot tv da mandare in onda durante le partite dei playoff, che promuovano l’impegno civico nelle elezioni nazionali e locali e che aumentino la conoscenza delle modalità di accesso al voto e delle opportunità di esprimere le proprie preferenze.
Le decisioni
«Non è compito dell’Nba risolvere i problemi del mondo. Ma è compito dell’Nba far parte del mondo» ha detto il coach dei Clippers Doc Rivers. C’era anche lui, mercoledì sera, nell’incontro in cui la stagione ha davvero rischiato di saltare. I giocatori, guidati da Chris Paul, stella dei Thunder e presidente del sindacato, però hanno capito: il palcoscenico che avevano era troppo importante per non continuare ad usarlo. «Mai visto niente del genere in 15 anni di Nba - ha detto Paul -. Come giocatori abbiamo capito l’importanza di quello che abbiamo. Non siamo al livello dei Kareem Abdul-Jabbar, dei Muhammad Ali, di tutti quei pionieri che ci hanno preceduto. Ma quello che stiamo facendo è importante, anche se a volte è dura. Perché quello che succede ci ferisce, e lo fa ancora di più qui, lontani dalle nostre famiglie e non poter spiegare ai nostri figli quello che succede». I giocatori vogliono trasformare questa ripresa in un momento storico, in cui non sono solo stati una voce della protesta ma il motore del cambiamento. Essere certi che quella scintilla che si è accesa mercoledì, nello spogliatoio di Milwaukee, non sia la storia di una notte ma una delle tappe che hanno portato ad un cambiamento radicale che i giocatori da troppo tempo sentono necessario. Nella nuova Nba conta soprattutto questo.
Ripartenza L’intesa sulle azioni per aiutare la protesta chiave per la ripresa
Gli atleti «Il palcoscenico che abbiamo è importante e vogliamo usarlo»
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